Lunedì 23 Dicembre 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

La nuova casa delle destre europee. Nascono i Patrioti anti von der Leyen. "Ora il terzo gruppo siamo noi"

Anche la Lega e il Rassemblement national di Le Pen nella formazione lanciata dal premier ungherese. Bardella alla guida, vice Vannacci. Superati i conservatori Ecr di Meloni, si complica la partita delle trattative

Roma, 8 luglio 2024 – I Patrioti si affannano per assicurare che con Giorgia Meloni non c’è nessuna tensione: "Non tagliamo i ponti né i contatti. le cose evolvono", riassume gli umori Jean-Paul Garraud (Rassemblement National). Per la verità, il neonato gruppo lanciato da Viktor Orban ha già soppiantato i conservatori della premier (78 in tutto) come terza formazione più numerosa nell’Europarlamento e lo ha fatto nel momento peggiore: nel pieno della trattativa per il ruolo italiano nella nuova Commissione.

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Jordan Bardella
Jordan Bardella

I Patrioti per l’Europa sono infatti 84, la delegazione più forte è quella francese del Rassemblement con i suoi 30 eletti, ed esprime il presidente Jordan Bardella fresco di sconfitta in patria; la seconda gli 11 ungheresi di Fidesz, e la terza quella leghista (8 eurodeputati) che vanta uno dei vicepresidenti nella persona del generale Roberto Vannacci. Le frasi fiorite sono d’obbligo, ma la realtà è opposta. L’obiettivo dei Patrioti è vanificare il tentativo meloniano di costituire una cerniera tra la destra e il Ppe: sono contro un bis di von der Leyen, contro un super-Stato europeo, contro o quasi il sostegno militare all’Ucraina.

Per la Lega in Italia la posta in gioco è più diretta. Salvini non nasconde l’intenzione da un lato di usare l’eurogruppo come strumento contundente nella competizione interna alla destra italiana, dall’altro di passare all’offensiva su tutti i fronti. Ieri ha riunito i suoi ministri e, alla fine dell’incontro, non si limita a esprimere "la grande soddisfazione" per la nascita dei Patrioti, che scendono in campo "per cambiare l’Europa e contrastare gli inciuci con i socialisti".

Tira fuori anche un piano d’azione articolato in una serie di obiettivi, due dei quali sono pura dinamite: pensioni e aumenti salariali. Con la corda del Patto di stabilità risorto e la procedura d’infrazione stretta al collo, solo a sentire queste parole la premier ma pure il ministro leghista dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, fanno gli scongiuri. Il gruppo dei Patrioti, però, doveva nascere all’indomani di una vittoria elettorale – quella di Marine Le Pen – che avrebbe dimostrato l’inutilità di aggirare il cordone sanitario con un lavorio diplomatico, il dialogo o, sinteticamente, con l’inciucio. Tanto ci avrebbero pensato gli elettori.

Invece gli elettori hanno dimostrato il contrario. Ora come terzo gruppo si augurano di non essere più ’cordonati’, cioè isolati, e puntano su incarichi di vertice in Parlamento, ma non c’è alcuna garanzia che ci riescano. E in ogni caso, il tentativo di rinchiudere la destra nel ghetto dell’irrilevanza lo si può dar già per certo. Per Meloni è una carta vincente. Da FdI non lo possono dire, lo fa in compenso il leader forzista Antonio Tajani: "La destra da sola è condannata a perdere. L’unico antidoto è l’alleanza con un centro forte". Insomma, con lui e dunque con il Ppe. La premier potrebbe quasi dire lo stesso: i risultati francesi dimostrano che di quella ’cerniera’ con i popolari su cui ha scommesso c’è ancora bisogno, pena l’isolamento totale della destra. Se per Salvini il voto di domenica è una sconfitta secca e per Tajani una vittoria piena, la situazione per quanto riguarda la leader di FdI è meno netta e in larga misura da definirsi. I Patrioti cercano di costringerla a una scelta che dal suo punto di vista è comunque perdente: rientrare nei ranghi dei duri, ma in posizione subalterna a Orban e Le Pen, o rassegnarsi al ruolo di forza minore a fianco del Ppe.

Per tirarsi fuori dalla tagliola la premier ha bisogno di poter votare a favore di Ursula von der Leyen il 18 luglio, ma in cambio di un risultato tanto brillante da poter essere sbandierato in Italia e in Europa come un successo pieno. Non è una missione facile, anche perché Macron, il regista dell’operazione che fin qui l’ha esclusa e umiliata, contrariamente alle aspettative esce ancora molto forte, almeno a livello europeo, dalla sfida di domenica. Su un punto però le elezioni francesi sono destinate ad avere il medesimo impatto su tutta la destra: una guerra santa contro il doppio turno. Lancia il sasso Tajani: "Per accompagnare il premierato, valuto la legge per l’elezione dei presidenti di Regione". Spiega l’europarlamentare azzurro Fulvio Martusciello: "Se proiettassimo in Italia ciò che è accaduto in Francia noi non saremmo qui: avremmo perso in tutti i collegi camerali". Il dado è tratto.