Bari, 13 giugno 2024 – “Io faccio politica? Sì. Quella del Vangelo". Un anno fa papa Francesco rispondeva così, in un libro pubblicato in Argentina, El Pastor, a chi lo accusa(va) di fare politica o, peggio, politicizzare il Vangelo. Ma domani, che lo ammetta o no, il Santo padre rivestirà, come raramente si è visto negli ultimi decenni, proprio il ruolo del politico. Anzi, del leader politico. La presenza del pontefice a Borgo Egnazia, invitato alla sessione dedicata all’intelligenza artificiale, è un inedito della storia. Mai era successo che il capo della Chiesa cattolica partecipasse a un vertice del G7. Meloni ha tutte le ragioni per ribadire, come fatto anche ieri, che sarà "una giornata storica di cui andare orgogliosi". Segno dei tempi, forse. O semplicemente la conferma che Francesco, a modo suo, non è solo un leader spirituale.
Tecnicamente è l’ottavo sovrano dello Stato della Città del Vaticano. Un monarca. Non come il “Papa re”, ma neanche scollegato dai fatti concreti del mondo. La sua presenza al summit rappresenta un’opportunità anche per chi l’ha invitato, per conferire peso e autorevolezza al ruolo internazionale dell’Italia, ma anche uno sprone per sensibilizzare sul tema, a lui così caro, dell’intelligenza artificiale. D’altra parte, la stessa premier Meloni ha voluto rimarcare, quando ha annunciato la presenza del Papa, che così potrà contribuire alla definizione di un quadro regolatorio ed etico per queste tecnologie, richiamando il principio fondamentale che l’attività politica deve essere per e a beneficio dell’umanità. Francesco insiste sulla necessità di porre dei paletti, quella che il Vaticano chiama "algoretica", per evitare la crescita di povertà e disuguaglianze e perché "le più avanzate applicazioni tecniche non vanno impiegate per agevolare la risoluzione violenta dei conflitti, ma per pavimentare le vie della pace". Se non è politica questa…
Ma è già lo stesso inquadramento della partecipazione di Bergoglio a definirne il ruolo. Infatti avverrà nella sessione ‘outreach’, vale a dire aperta anche ai Paesi invitati e non solo ai G7. Come se, appunto, in questo caso papa Francesco rappresentasse uno Stato e non solo una Chiesa. Del resto, intelligenza artificiale a parte, per il Vicario di Cristo sarà anche l’occasione per tessere una tela di relazioni – diplomatiche e indiscutibilmente politiche – che possano portare a una via di pace. La preoccupazione è per Israele e Palestina, per l’Ucraina ma anche per i conflitti che non occupano l’agenda dei media, come quello in Myanmar. Il pontefice avrà dieci incontri bilaterali, nove con Capi di Stato più quello con Kristalina Georgieva, direttore generale del Fondo Monetario Internazionale. Faccia a faccia, quest’ultimo, non casuale per un Papa che ha scelto il nome del santo poverello e da 11 anni invoca una finanza al servizio dell’uomo.
La pace, come ovvio, sarà in primo piano in tutti gli incontri, a partire da quello con il presidente Usa Joe Biden, il secondo cattolico, dopo JFK, alla Casa Bianca, e con il quale i rapporti sono stati tesi soprattutto sul tema dell’aborto. Tema che torna d’attualità anche dalle parti di Borgo Egnazia. Ma il vertice più “politico” Bergoglio l’avrà con Volodymyr Zelensky, dopo diverse incomprensioni con Kiev. Il Papa rivolge sempre il pensiero a quel "martoriato popolo" che "più soffre e più anela la pace", come ha detto nell’Angelus di domenica scorsa.
Tra gli incontri centrali quello col turco Recep Tayyp Erdogan. Vedrà poi Emmanuel Macron, il presidente francese che invece più spinge per un maggiore coinvolgimento dell’Europa nella difesa, e quindi anche nel conflitto, dell’Ucraina. Poi i bilaterali con il riconfermato presidente indiano Narendra Modi; il premier canadese Justin Trudeau; William Samoei Ruto, presidente del Kenya; Luiz Inácio Lula da Silva, presidente del Brasile; Abdelmadjid Tebboune, presidente dell’Algeria. Un tour de force, una decina di visite di Stato condensate in un pomeriggio. Da politico navigato.