La Cassazione ha deciso: decide la Corte di giustizia europea. Per avere un’interpretazione definitiva sul concetto di Paesi sicuri e sui migranti portati in Albania bisognerà attendere febbraio, quando ci sarà il pronunciamento dei giudici in Lussemburgo. Ma dopo aver passato così la palla, gli ermellini non rinunciano a dare il loro parere, non vincolante, sui ricorsi presentati dal governo contro le prime mancate convalide del trattenimento di migranti nei centri di Schengjin e Gjiader del 18 ottobre. L’ordinanza "interlocutoria" (35 pagine) emessa dai giudici della prima sezione civile della Cassazione è salomonica, come peraltro il pronunciamento del 19 dicembre scorso del medesimo collegio giudicante. Forse lievemente sbilanciata a favore del governo, anche se pienamente equilibrata.
La suprema Corte dice che un Paese non può essere ritenuto insicuro se lo è per alcune categorie di persone: lo è invece se presenta aree di conflitto o violenza. "La Corte di giustizia Ue si è occupata esclusivamente delle eccezioni territoriali, chiarendo che l’esistenza al suo interno di zone in cui ci sono guerre o violenza definisce di per sé uno Stato come insicuro", osserva. "L’esecutivo qui ha ragione di esultare – spiega il costituzionalista Salvatore Curreri – la Cassazione afferma che il tribunale di Roma è andato oltre la sentenza della Corte europea del 4 ottobre". C’è un altro motivo che rende ottimista Palazzo Chigi. I supremi giudici confermano che a indicare quali sono i Paesi sicuri tra quelli di provenienza dei migranti deve essere il ministro degli Esteri con i colleghi, non le toghe. Per l’esecutivo l’elemento chiave è questo, basta e avanza per festeggiare: "Si afferma una linea di diritto – affermano nel giro meloniano – finchè non arriverà la sentenza europea, non si viene in Italia se provieni da Paesi per noi sicuri". L’applauso unanime del partito della premier e delle forze alleate non fa che riecheggiare quanto detto intorno a Natale da Giorgia Meloni: avanti tutta. "La Cassazione pone una pietra tombale sulle speranze immigrazioniste della sinistra italiana: la lista della definizione dei paesi sicuri spetta al governo, al pari delle politiche migratorie – riassume gli umori Andrea Delmastro (FdI), sottosegretario alla Giustizia – Il modello Albania, studiato e apprezzato in tutta Europa è pienamente legittimo. Ora procederemo più speditamente di prima nel contrasto all’ immigrazione irregolare".
Dopo il colpo al cerchio arriva quello alla botte: anche se il migrante arriva da un Paese che il governo ritiene sicuro, dice la Cassazione, il giudice in sede di convalida del trattenimento "può decidere" che vi siano gravi motivi per ritenere che nei fatti non lo sia a causa per esempio di persecuzioni "che pregiudichino il valore fondamentale della dignità della persona". Non basta: i magistrati non possono annullare la valutazione del governo sulla definizione di uno Stato come sicuro, ma possono valutare se – in un certo periodo – questo luogo si possa davvero considerare tale. Sì, perché le liste in Paesi che non brillano per stabilità sono soggette a cambiamenti e le toghe possono decidere in base a sopravvenute nuove circostanze. L’ordinanza sembra mettere limiti alle toghe, ma all’opposizione considerano certi ragionamenti pura fuffa. Osserva Riccardo Magi (+ Europa): "Nessuno ha mai voluto privare il potere politico di stilare la lista dei Paesi sicuri, ma sta al giudice verificare che un Paese sia effettivamente sicuro e che la decisione del governo non sia in contrasto con le norme Ue". Insiste il Pd: "La destra travisa l’ordinanza".
Un’ordinanza che non cambierà niente. Il governo è deciso a riprendere i trasferimenti in Albania a metà gennaio, dopo l’entrata in vigore del decreto che sposta la decisione sui trattenimenti dai Tribunali alle corti d’Appello. La magistratura ha già studiato la contromossa, passando i giudici delle sezioni immigrazione dei Tribunali alla Corti d’Appello. Assisteremo all’ennesimo ping-pong e a nuovi viaggi a vuoto finché non arriverà la sentenza della Corte lussemburghese. Decisiva sì, ma fino a un certo punto: nell’ultimo Consiglio europeo, Ursula von der Leyen si è impegnata ad anticipare la "ridefinizione dei criteri" per etichettare un paese come sicuro prevista nel 2026. Anche se tutti si impegnano a fare presto, la faccenda è ancora in alto mare e i migranti pure.