Lunedì 1 Luglio 2024
BRUNO MIRANTE
Politica

Orsina e la nuova Ue: "Consiglio europeo, Letta è un nome giusto. Ma il resto è un risiko"

Lo storico e politologo: “Scelto dai socialisti, a Meloni può andare bene. Dovrà però essere una decisione presa da Bruxelles e non dall’Italia”

Orsina e la nuova Ue: "Consiglio europeo,. Letta è un nome giusto. Ma il resto è un risiko"

Orsina e la nuova Ue: "Consiglio europeo,. Letta è un nome giusto. Ma il resto è un risiko"

Il nome dell’ex segretario del Pd Enrico Letta come presidente del Consiglio europeo al posto del portoghese Costa rappresenta uno scenario possibile? Percorribile anche da Giorgia Meloni? "Sì, credo di sì – scandisce Giovanni Orsina, direttore della School of Government della Luiss –. È una partita europea e non italiana, quindi ci saranno logiche europee, eventualmente, che porteranno a immaginare Letta al posto di Costa. Ma se dovesse succedere, a mio avviso Giorgia Meloni potrebbe esserne abbastanza contenta".

Si spieghi meglio, professor Orsina.

"Quel posto deve andare a un socialista, quindi comunque a qualcuno che siede dall’altra parte della barricata. Se la scelta dovesse ricadere su un italiano, con cui peraltro la premier ha ottimi rapporti personali, sarebbe molto meglio che se ricadesse sul candidato portoghese, con il quale il rapporto istituzionale sarebbe tutto da costruire. Il tema importante, per il governo, è che questa eventuale nomina non deve essere messa in quota all’Italia. Se il partito socialista intendesse indicare Letta, l’Italia potrebbe non opporsi, ma deve essere chiaro che non si tratta di un posto dato all’Italia. Questo perché l’eventuale nomina non dovrà poi rimbalzare negativamente sul negoziato per la Commissione".

Quali sono gli scenari possibili?

"C’è una matrioska di giochi tutti interconnessi tra loro. Il primo gioco ha riguardato il negoziato tra i tre partiti “tradizionali“: popolari, socialisti e liberali. Siccome i popolari si sentono i vincitori di questa tornata elettorale, hanno tentato di forzare e di prendersi anche mezzo mandato del presidente del Consiglio. In più il fatto che il negoziato si sia svolto solo fra i tre partiti ha fatto irritare molti altri Paesi europei. E non solo Meloni, che lo ha detto chiaramente, ma, secondo i rumori che venivano dall’interno, anche parecchi altri".

Comunque sia, quell’accordo è saltato...

"Era l’accordo dello scorso Consiglio di lunedì che non si è chiuso. I giochi oggi sono aperti e abbastanza complicati. Nel frattempo, i conservatori di Meloni si sono rafforzati e i liberali si sono indeboliti. Credo che a questo punto non sarà più possibile riproporre lo schema di lunedì scorso nel prossimo Consiglio. Anche perché è sempre più chiaro che Ursula von der Leyen i voti in Parlamento non li avrà se non aprirà o ai verdi o ai conservatori. E ai popolari non conviene assolutamente aprire ai verdi. Meloni, dal canto suo, ha già pagato un prezzo ai popolari non costituendo il gruppo con Orban. Per tutte queste ragioni, secondo me, nella settimana entrante si partirà con un altro schema di gioco, ed è molto probabile che in quello schema di gioco Giorgia Meloni ci sarà".

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"È molto difficile fare previsioni. Le persone che conoscono bene la situazione francese dicono che tra le Europee e le politiche è passato troppo poco tempo perché le elezioni nazionali smentiscano del tutto quelle continentali. Gli scenari oscillano fra l’ipotesi che ci sia una maggioranza del Rassemblement e quella di un’affermazione del Rassemblement tale da rendere difficile la costruzione di maggioranze alternative e generare una situazione di stallo. In entrambi i casi, Macron uscirebbe molto indebolito dalle urne. E con lui i liberali europei".

E Mario Draghi? Il nome dell’ex premier era molto quotato fino a qualche settimana fa, ora pare sia calato il silenzio.

"Mario Draghi non è mai stato in corsa. Era tutta tattica. Le cariche europee sono politiche: i popolari non avrebbero mai rinunciato alla Commissione e i socialisti non avrebbero mai rinunciato alla presidenza del Consiglio europeo. Dopodiché, il gioco è ancora aperto. Se ad esempio la nomina di von der Leyen fosse bocciata dal Parlamento, eventualità possibile, si aprirebbero nuovi scenari che potrebbero riportare in partita una figura tecnica come Draghi. Perché ciò avvenga devono succedere tante cose, deve imballarsi la politica che al momento invece sta conducendo la partita".

E il Movimento 5 Stelle? Nel vecchio Parlamento non ha aderito ad alcun gruppo, oggi si parla di un gruppo di nuova formazione. Come vede il Movimento in questo scenario?

"Lo vedo male perché non si comprende bene che cosa sia. Il Movimento è sempre stata una peculiarità italiana che non ha simili in Europa. Quando il Movimento era al governo aveva un peso specifico diverso, mentre oggi rischia la marginalità, a meno che non decida di posizionarsi in maniera chiara. A quel punto il discorso può cambiare".