
Elly Schlein
C’è un filmato facilmente reperibile su YouTube cui i politici italiani farebbero bene a dare un’occhiata. È di un congresso Dc del 1982, ritrae Amintore Fanfani che sale sul palco e viene subissato dai fischi. Fanfani osserva tutti con fare sfidante per tre minuti, poi quando i boati si sono appena appena calmati prende la parola. "Ho fatto le campagne elettorali del 1946, del 1948 e del 1958; se avessi avuto paura dei fischi voi non sareste qui". Al che l’auditorio passa in un attimo dalla contestazione agli applausi.
Lo scatto d’orgoglio del vecchio leone racconta un mondo che non c’è più, e di cui purtroppo si avverte la mancanza. Un mondo dove i politici non si limitavano a seguire i propri sostenitori, annusandone l’umore, ma avvertivano la necessità di pilotare i processi storici caricandosi sulle proprie spalle il peso di scelte che non tutti sono in grado di cogliere come impellenti. Quelle che una volta si definivano "impopolari". Essendo precipitati, noi tutti, nella fase storica dei leader che si sono trasformati in follower, e nessuno ha pensato che in inglese "to lead" significa guidare e "to follow" seguire.
Mancanza, quella della politica attuale, che si avverte tanto più in momento come l’attuale in cui i temi di cui più si dibatte sono la pace, la guerra, la necessità di riarmarsi, argomenti in cui, secondo tutti i sondaggi, la gente è impaurita. E ci sarà un motivo se la saggezza dei padri costituenti escluse i trattati internazionali dalle materie oggetto di consultazioni popolari. Per cui ci sarebbe bisogno di una classe politica che non osserva l’ultimo tweet dell’influencer di turno, ma si assume le responsabilità e si comporta come crede sia giusto comportarsi. Invece siamo in epoca di idee deboli, la cui debolezza ha finito per contagiare anche chi quelle idee dovrebbe difenderle. Non ci lamentiamo poi se ci troviamo i cattivi alla porta di casa, che si chiamino Putin, Erdogan e per alcuni Trump.