Roma, 15 settembre 2024 - “È un precedente pericolosissimo..."
In che senso, Maurizio Lupi?
"Processare un ministro e chiedere addirittura una pena di sei anni per un atto compiuto nell’esercizio delle sue funzioni, per una decisione presa per contrastare il traffico di esseri umani in una situazione molto delicata, peraltro espressione di una linea condivisa collegialmente da quel governo, è un precedente gravissimo e pericolosissimo che riguarda tutti, politica e istituzioni".
Ritiene, tuttavia, che Salvini abbia potuto commettete qualche errore in quell’occasione, sia politico che funzionale?
"Indipendentemente dalla condivisione delle linee politiche dell’allora governo Conte, questa richiesta è abnorme. Fa riflettere istituzionalmente sul rapporto tra politica e magistratura. Un ministro, nell’esercizio delle sue funzioni, può essere condannato per le politiche di governo che attua? Salvini ha attuato quel programma, ma il luogo in cui contestarlo è il Parlamento non il tribunale, per altro contestando un reato di sequestro di persona. Il tema è questo, ovvero la relazione è tra l’azione di governo e quella della magistratura, è lì, per altro, la pericolosità di questo processo. Salvini ha sbagliato? Secondo me no. Eppoi gli italiani gli diedero il 38% alle elezioni europee convalidarono e sostennero quella linea politica".
I magistrati hanno interrogato tutto il governo dell’epoca...
"Esatto. Il ministro dei Trasporti, allora Toninelli, confermò quanto fatto da Salvini. Io comunque sono strabiliato: non esiste questo intervento a gamba tesa che delega a una sentenza di tribunale la richiesta di una condanna su un confronto, anche duro, di una linea politica".
Se arrivasse una condanna, dovrebbe dimettersi?
"Assolutamente no. Qualunque condanna dovesse arrivare a questo primo grado, attinente ad una linea politica esercitata nelle funzioni di ministro dell’Interno, mai e poi mai chiederei a Salvini le dimissioni"
Open Arms dice di essere «contenta» per la richiesta del pm su Salvini..
"Piuttosto che essere contenti dovrebbero riflettere sulla funzione delle ong, che non può trasformarsi in uno strumento di battaglia politica".
Elena G. Polidori