PIER FRANCESCO DE ROBERTIS
LA PARATA di semi-big davanti alla delegazione Pd era troppo falsa per essere credibile e come tale appartiene più che altro al cinema. Essendo impensabile che le trattative vere si facciano in stanze con più di quattro persone, i colloqui sono serviti a Renzi più che altro a far vedere di avere ascoltato tutti. Salvo poi chiudersi con Lotti, Verdini e Berlusconi – forse oggi – e decidere.
Al netto di chi crede che un accordo preciso tra R. e B. ci sia già, la scuola di pensiero ieri prevalente era che il premier potesse presentare già domani il «suo» candidato, il cui nome sarebbe in qualche modo ventilato anche a Bersani, per poi farlo votare alla quarta. Un modo per anticipare qualsiasi spericolata manovra di civatiani e sinistra tipo quella, ipotizzata giorni fa, di far votare Prodi. Un segnale, se davvero Renzi calasse la carta domani, di grande forza, perché esporre un candidato, l’unico, a due giorni di possibile logoramento significherebbe sapere di poter contare su un accordo blindato.
E se le intenzioni del premier circa la tempistica oggi fossero confermate, affiorerebbe allora l’indicazione che si sta andando verso un nome proveniente dagli ex diesse, preventivamente concordato con il Cavaliere. Perché, come diceva ieri sui divani della Camera un esponente della minoranza dem, «se Renzi ci presenta una Finocchiaro, un Fassino o un Veltroni, anche se espressione di questo benedetto Nazareno, mi spieghi come facciamo noi a non votarlo? Facciamo saltare tutto per poi ritrovarsi Casini o Amato?».