Dalla "barbarie" alla "mostrificazione", passando per alcune chat interne di Fratelli d’Italia che prima, ribollendo di epiteti omofobi di spregio verso l’ormai ex capo di gabinetto del ministero della Cultura, Francesco Spano, ne provocano di fatto le dimissioni e terremotano ancora non solo il dicastero che fu di Gennaro Sangiuliano ma anche il partito di Giorgia Meloni. Fino a quando, a sera, arriva la premier a gettare acqua sul fuoco: "Non me ne sono occupata, ma il conflitto d’interesse di Spano risale ai tempi di Giovanna Melandri al Maxxi". Il tutto mentre in pieno Transatlantico, il presidente della Commissione Cultura della Camera, Federico Mollicone, alzava la voce contro la sorella del ministro, Antonella Giuli ora all’ufficio stampa di Montecitorio, all’urlo di "che fai, mi minacci?" per via di quella chat interna in cui Spano viene definito "pederasta" e che, intercettata da Report di Sigfrido Ranucci, ha di fatto aperto "il nuovo caso Sangiuliano".
"Buongiorno – si legge nella chat incriminata, in cui sono presenti circa 200 persone tra cui anche Arianna Meloni – voglio segnalare il grosso malumore nel nostro partito per la nomina del pederasta Spano da parte del ministro Giuli". La firma è di Fabrizio Busnengo, coordinatore di FdI nel Municipio IX di Roma. Subito redarguito, Busnengo è stato invitato a dimettersi, cosa che ha fatto, ma la chat ormai era stata pubblicata, creando imbarazzo a via della Scrofa e un clima pesante per Spano.
Ecco, dunque, la cronaca dell’accaduto dopo questo antefatto alla fine di una giornata di grande tensione. Dopo l’annuncio di Report sul nuovo caso, Spano ha rassegnato le proprie dimissioni nelle mani del ministro Giuli che lo aveva nominato solo 10 giorni fa. Nomina che – secondo fonti di maggioranza – non sarebbe stata gradita né dal presidente del Senato, Ignazio La Russa, né dal presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri, mentre il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari si era dichiarato contrario proprio alla nomina di Giuli come successore di Sangiuliano.
L’annuncio è arrivato dopo le indiscrezioni sull’inchiesta di Report di Giorgio Mottola (che andrà in onda domenica) che ha scoperto un importante conflitto d’interesse all’interno della Fondazione Maxxi, ancora oggi formalmente presieduta da Giuli. Mentre Spano era segretario generale del Museo, il compagno Marco Carnabuci, avvocato, risultava consulente legale del Maxxi, come responsabile dei dati personali. La stessa Melandri però precisa che "Carnabuci è stato chiamato dal Maxxi nel giugno 2018, quando Spano non aveva nulla a che fare con il Museo". Spano nelle sue dimissioni a Giuli scrive: "Egregio Signor ministro, il contesto venutosi a creare, non privo di sgradevoli attacchi personali, non mi consente più di mantenere quella serenità di pensiero che è necessaria per svolgere questo ruolo così importante". Giuli risponde: "Con grande rammarico, dopo averle più volte respinte, ricevo e accolgo le dimissioni. A lui va la mia convinta solidarietà per il barbarico clima di mostrificazione cui è sottoposto in queste ore".
All’attacco, ovviamente, le opposizioni. Conte (M5s): "Ennesimo esempio di incapacità di governo della destra", Bonelli (Avs): "Giuli se ha dignità si dimetta", fino ai Pro vita che sentenziano: "Giuli si scusi con gli elettori del centrodestra". Questi ultimi avevano già attaccato Spano nel 2017 arrivando a farlo dimettere dall’Unar, l’Ufficio nazionale anti discriminazioni razziali. In quell’occasione furono Le Iene a scoprire un finanziamento di 55mila euro verso l’Andoss, associazione Lgbtq+ che però gestiva un locale a luci rosse, che vedeva – secondo quanto sostenuto dal programma – lo stesso direttore dell’Unar tra i tesserati. Dalla vicenda Spano uscì pulito, ma comunque fu costretto a dimettersi.
Avvocato, 47 anni, toscano, è stato sempre apprezzato come manager pubblico sin dai primi incarichi con Giuliano Amato e con il gruppo del Pd alla Camera. Il suo rapporto con gli ambienti dem parte dalla segreteria generale del Maxxi tra il 2015 e il 2017 e arriva fino al 2022. In quell’anno arriva alla Human Foundation di Giovanna Melandri come segretario generale fino al ritorno al museo romano, allora guidato proprio da Melandri. È in questo periodo che si verifica il conflitto di interesse denunciato da Report, che ha portato alle sue dimissioni.