Martedì 11 Febbraio 2025
COSIMO ROSSI
Politica

Nuova Anm, stesse idee. Il vicepresidente De Chiara: “La riforma va cambiata”

Rinnovati i vertici delle toghe, resta la contrarietà alla separazione delle carriere. “Ma la programmazione di un incontro con la premier è un fatto positivo”

Il nuovo vicepresidente dell’Associazione Nazionale Magistrari, Marcello De Chiara (Unicost)

Il nuovo vicepresidente dell’Associazione Nazionale Magistrari, Marcello De Chiara (Unicost)

Roma, 11 febbraio 2025 – “È importante chiarire che, anche con la nuova presidenza, da parte dell’Anm permane una netta contrarietà alla riforma della giustizia in discussione”. Questa l’opinione di Marcello De Chiara, classe 1976, appena eletto (dalle file “moderate“ di Unicost) come vice del neo-presidente Cesare Parodi (Magistratura Indipendente). Per il giudice d’Appello (dopo 9 anni da Gip) di Napoli si tratta infatti di “una contrarietà che non è in alcun modo condizionata dal colore politico di chi ha concepito la riforma, ma nasce dalla convinzione che essa possa mettere in pericolo i principi costituzionali di autonomia e indipendenza della magistratura”.

Quali temi di comprensione e intesa potrebbero quindi sortire dall’incontro con la premier Giorgia Meloni?

“Per formazione culturale considero il programmato incontro un fatto certamente positivo, che sembra inaugurare una fase dei rapporti tra potere esecutivo e magistratura, connotata da maggiore distensione. Ma non significa che l’Anm sia disposta a intraprendere una trattativa. È piuttosto l’occasione, mi auguro costruttiva e proficua, per argomentare le ragioni già espresse e più che mai vive nella giunta appena insediata, che si pone in perfetta continuità con quella precedente. Stanti i punti rispetto ai quali l’opposizione dell’Anm è totale, non riesco a immaginare una concreta possibilità di mediazione”.

Sarebbe insomma una malizia giornalistica paventare che Parodi e lei, da esponenti di Magistratura indipendente e Unicost, sareste più disponibili alla mediazione?

“Il dato a mio parere da rimarcare è che Parodi, che ha formazione culturale diversa dal presidente uscente Giuseppe Santalucia, sia pure coi toni diversi che lo contraddistinguono, ha anch’egli espresso una risoluta contrarietà alla riforma. Ciò riprova che la posizione dell’Anm è esente da qualunque connotazione ideologica e trae origine dalla ferma volontà di tutelare l’indipendenza costituzionale della magistratura. Impegnandosi davanti al Comitato direttivo, il presidente Parodi ha ribadito che l’Anm non è disposta a rivedere tale posizione rispetto ad alcuno degli elementi qualificanti della riforma”.

Ovvero?

“Primi fra tutti la separazione delle carriere e l’introduzione del sorteggio come metodo di selezione del Csm. La separazione delle carriere non serve ad assicurare l’imparzialità del giudice, già perfettamente garantita dalla legge vigente. Ci preoccupa piuttosto che si creino le condizioni per una prossima riforma che assoggetti il pm all’esecutivo. Un pm indipendente, che abbia come unico orizzonte l’applicazione della legge, è garanzia essenziale per i cittadini, indispensabile anzitutto per i soggetti più deboli. Mentre la creazione di due Csm, con funzioni tra loro potenzialmente in conflitto, segnerebbe il distacco irreversibile della magistratura requirente rispetto al mondo della giurisdizione, che per noi è prerogativa irrinunciabile per tutelare l’indipendenza anche del pm”.

Si dice indipendenza, ma si legge anche tutela di logiche e privilegi corporativi delle toghe...

“Si tratta di preoccupazioni che non sono dirette a tutelare la condizione dei magistrati, ma una funzione giudiziaria rispettosa dei diritti dei cittadini. Qualunque forma di sorteggio, anche temperato, presuppone l’inaccettabile assunto che i magistrati non siano in grado di scegliere i propri rappresentanti. Mi rendo conto che si tratta anche di una risposta al progressivo affermarsi di logiche spartitorie, che ritengo da deprecare senza indulgenza. Il Csm sta tuttavia operando fattivamente per ancorare il conferimento degli incarichi a parametri oggettivi, che valorizzino le attitudini e il merito dei magistrati”.

Quali riforme servirebbero allora per rendere efficace la giustizia?

“Politiche che puntano a utilizzare la sanzione penale anche per finalità di consenso politico, determinano inevitabilmente un appesantimento dell’azione giudiziaria. Il Ddl sicurezza sicuramente rientra in questa logica di pan-penalismo che produce effetti distorsivi anche sul piano efficienza azione giudiziaria, con la proliferazione di procedimenti penali per fatti spesso privi di un contenuto offensivo reale”.