Roma, 26 giugno 2024 – A volte le notizie più sorprendenti sono quelle che in realtà tutti sapevano già. Così, la conferma di Ursula von der Leyen a capo della Commissione europea e la nomina del portoghese Antonio Costa al Consiglio europeo e della liberale estone Kaja Kallas come Alto rappresentante Ue per la politica estera, tutto sono tranne che grandi novità. L’accordo tra popolari, socialisti e liberali, più che altro un blitz di Emmanuel Macron e Olaf Scholz, per blindare il terzetto alla guida dei vertici Ue era nell’aria da tempo. Eppure, la sorpresa c’è, perché l’intesa sembra escludere ogni ipotesi di allargamento a destra della prossima maggioranza, proprio alla vigilia del Consiglio europeo di domani. Sembra…
Ursula bis
La novità-non novità è lei. Dopo una campagna elettorale sbilanciata a destra, Ursula von der Leyen, Spitzenkandidat (candidato di punta) dei Popolari, sembra essere riuscita a ricomporre una maggioranza in verità risicata. Attualmente la somma dei seggi a suo favore è sotto la soglia psicologica dei 400, la frammentazione è tanta, la destra è arrembante e vorrebbe attendere l’esito delle elezioni francesi, e poi c’è sempre una quota fisiologica del 10% di franchi tiratori. Cinque anni fa servirono i voti dei 5 Stelle, per dire.
Tramonta l’ipotesi Letta
Ma la partita più importante si gioca(va) in casa socialista. La prassi vuole che il primo partito guidi la Commissione, il secondo il Consiglio, il terzo abbia l’incarico di Alto rappresentante per la politica estera. È in questo contesto che era maturata l’ipotesi Enrico Letta al Consiglio, anche in virtù di rapporti non così ostili con Giorgia Meloni. Invece il posto dovrebbe spettare al portoghese Antonio Costa, più radicale e un po’ meno atlantista dell’ex segretario Pd. Sull’atlantismo, comunque, garantisce la premier estone Kallas, talmente antirussa da essere nella lista dei ricercati del Cremlino. Nel Ppe non tutti sembravano entusiasti dell’idea Costa, invece. Antonio Tajani aveva anche suggerito un’alternanza tra socialisti e popolari. Non si farà. Ma è ciò che già avviene per la presidenza dell’Europarlamento: l’uscente maltese Roberta Metsola occuperà la prima metà della nuova legislatura.
Il Consiglio, anzi i Consigli
Chi proprio non accetta l’accordo è Viktor Orban: "Invece dell’inclusione, diffonde i semi della divisione. Gli alti funzionari dell’Ue dovrebbero rappresentare tutti gli Stati membri, non solo la sinistra e i liberali". Il riottoso premier ungherese dal primo luglio sarà presidente del Consiglio dell’Unione europea. Attenzione: Consiglio dell’Unione europea, che è cosa diversa dal Consiglio europeo. Il primo difende gli interessi dei Paesi membri, il secondo dà la linea politica alla Ue. Il primo ha presidenze a rotazione ogni sei mesi, il secondo l’ha guidato finora il liberale belga Charles Michel. Che tra l’altro non si è candidato alle Europee pur di non dimettersi e lasciare l’incarico ad interim a Orban.
Gli equilibri politici
Qui casca l’asino. Tecnicamente, dopo aver perso sette seggi per l’uscita dei cechi di Ano, i liberali di Renew Europe non sono più la terza forza, a vantaggio dei conservatori: c’è comunque tempo fino al 4 luglio per rimpolpare i gruppi. Per sbloccare davvero la partita, von der Leyen tratterà direttamente con Meloni sulle deleghe da affidare al commissario di nomina italiana. FdI rimarrà, con tutto Ecr, all’opposizione, ma i mediatori del Ppe avrebbero assicurato che l’Italia avrà un commissario di peso. Pare una vicepresidenza esecutiva. Così, il nome più forte è diventato quello di Raffaele Fitto, in predicato di una super delega a coesione e Recovery Plan. Se il ministro – forte anche dei progressi sul Pnrr e della propoga sugli sgravi per il Sud – dovesse andare a Bruxelles, non è detto che ci sarà un vero e proprio rimpasto, ma piuttosto una distribuzione di deleghe a Roma. Ma questa è un’altra trattativa...