Domenica 22 Dicembre 2024
RAFFAELE MARMO
Politica

La lezione di Vendola. "Una sinistra unita? Solo se Elly parla di pace e di disarmo"

"Pensavo che il Pd fosse irriformabile, malato di governismo. La segretaria rimetta al centro la critica radicale del mondo". E sull’alleanza col M5s: "Serve un confronto fuori dalla propaganda"

Roma, 8 marzo 2023 - Chi è Elly Schlein?

"Elly Schlein è innanzitutto l’espressione di una nuova generazione, di un nuovo linguaggio, di un nuovo paradigma della sinistra – esordisce Nichi Vendola, un punto di riferimento politico-intellettuale per tutto il mondo a sinistra del Nazareno –. Il suo pathos, la sua fisicità, la sua narrazione, tutto questo appare come una rottura profonda con l’immagine desolante di un Pd specchio dell’establishment: un partito malato di moderatismo e governista fino allo spasimo".

Che cosa rappresenta la nuova leader del Pd?

"Diciamo che Elly rappresenta una sfida seria e difficilissima, direi quasi acrobatica e contro-natura, rispetto all’attuale organizzazione del corpo democratico. Non si tratta solo di liberarsi dagli artigli dei cacicchi locali e dei signori delle tessere, e di purificarsi dalle degenerazioni trasformistiche o familistiche che macchiano la vita del Pd: si tratta soprattutto di ricostruire una visione e una prassi politica fondate sulla critica radicale del mondo che abitiamo, della sua forma economico-sociale, del moderno cannibalismo che produce".

Nichi Vendola, 64 anni, è stato, tra l’alto, leader di Sinistra Ecologia Libertà
Nichi Vendola, 64 anni, è stato, tra l’alto, leader di Sinistra Ecologia Libertà

Riuscirà a parlare ai ceti popolari e periferici colpiti dalla globalizzazione e che hanno semmai votato a destra?

"Siamo precipitati senza paracadute in un’epoca di smisurate inquietudini e di rischi catastrofici. Il futuro non è più una promessa, ma una minaccia: la destra si è costituita come partito e impresa della paura, la sinistra si è rinchiusa nel dorato condominio istituzionale. Il Pd è stato un partito anaffettivo e distante. Se la sinistra non profuma di popolo, non impugna la bandiera della redistribuzione della ricchezza, non costruisce il programma del riscatto sociale e della pace, allora è e sarà la destra – com’è accaduto, e non solo in Italia – a entrare e straripare nei territori della frustrazione, della precarietà sociale e delle mille solitudini".

Che cosa cambia, ora, per la sinistra con l’elezione della Schlein?

"Questo cambio imprevisto al vertice del Pd è una cosa buona su cui investire. Lo dico da militante di un altro partito, cioè Sinistra italiana. Spero che con la nuova leadership democratica il “processo costituente” della sinistra del futuro possa cominciare davvero. Ovviamente considero cruciale rimettere al centro di questo impegno due parole marginalizzate e neglette: pace e disarmo. Senza queste due parole è difficile persino nominarlo, il futuro. La sinistra ha il dovere di contrapporre alla visione distopica della bomba atomica la profezia della pace".

Come si tengono insieme femminismo, diritti civili, lavoro, ambiente: non rischiano di essere il decalogo di una politica “bella e impossibile”?

"Rischiano di essere un repertorio di slogan o una vernice di eclettismo culturale se non diventano lievito di nuova politica, di una diversa agenda programmatica, se non si incastrano come tasselli di un mosaico che chiamerei critica del potere e dei poteri. Il potere dei maschi e il potere degli apparati economici, il patriarcato con i suoi colpi di coda e il capitalismo con la sua natura predatoria, con la sua finanza che divora l’economia reale, con la sua irresponsabilità mascherata da greenwashing".

Riuscirà, la leader «che nessuno ha visto arrivare», a rigenerare il Pd e ad allargare il campo a tutta la sinistra?

"Direi così: se cambia il partito si riapre la partita. Vorrei essere sincero: nel tempo ho maturato l’idea che il Pd fosse irriformabile, che avesse portato con sé il peggio dei due vecchi partiti novecenteschi, il Pci e la Dc. Buttando a mare il meglio. E soprattutto suicidandosi sull’altare di un riformismo falso, anemico, intimamente neo-liberista. Il Pd mi sembrava non la risorsa ma la barriera della sinistra. Tuttavia, la novità di queste primarie è sotto gli occhi di tutti. Ecco: oggi nutro una prudente fiducia".

C’è il rischio di nuove scissioni?

"La scissione più grave è quella che si è consumata già da tempo, nella società e nelle urne: la separazione da un popolo, la fuga dal dolore sociale, la scissione dalle speranze delle giovani generazioni. Penso che lo spauracchio della scissione venga agitato da chi cerca di sterilizzare la novità dirompente di una sinistra che faccia la sinistra".

Al dunque, si può ricostituire il campo largo con i 5 Stelle?

"Le alleanze sono la conseguenza di un lavoro comune. Oggi occorre innanzitutto discutere di come gira il mondo: tra noi e con gli altri, dentro e fuori la politica istituzionale. Confrontarci con gli universi resilienti della lotta sociale e del pensiero critico, riflettere con i “mondi vitali” del terzo settore e dell’associazionismo, incrociare il sapere delle donne, incontrare la rivolta giovanile contro la catastrofe ecologica. Senza paternalismo: i giovani non ci chiedono pacche sulle spalle, ma sentieri percorribili di buona vita in un pianeta sostenibile".

Prima il lavoro sul merito con i tanti popoli perduti, poi con i partiti?

"Occorre ritrovare le parole smarrite e occorre molto ascoltare, capire che cosa sia oggi il lavoro e la scuola, che cosa sia il bisogno di autonomia e di libertà delle persone. Su questo costruire un’offerta politica che sappia vivere dentro il cuore di tanti e tante. Non c’è scorciatoia demagogica che possa funzionare. E confrontiamoci con i Cinquestelle, ma fuori dalla bolla della propaganda. Crescendo insieme nella relazione con chi ci chiede un mondo nuovo. Se son rose fioriranno".