Ci mancava solo Elon Musk. Come se in Italia non fosse già abbastanza dilagante la tendenza a innescare polemiche su tutto, arriva anche il consigliere e finanziatore di Donald Trump ad attizzare le fiamme. L’occasione è un post su X di Mario Nawfal (star del social) che illustra la decisione dei magistrati del tribunale di Roma di liberare gli ultimi sette migranti trattenuti in Albania, rinviando la questione alla Corte di giustizia europea: "These judges need to go", questi giudici devono andarsene, twitta il miliardario americano. Musk è un privato cittadino, può naturalmente esprimere un proprio parere su qualsiasi tema voglia in qualsiasi parte del mondo, ma è anche l’uomo più vicino in questo momento al presidente neo-eletto e trattarlo come un utente qualunque di X, di cui è proprietario, risulta difficile. Peraltro, non si limita a criticare i magistrati, ma chiede un intervento d’autorità contro il potere togato, alla faccia della Costituzione italiana che probabilmente neppure conosce. Data la particolarità del caso, una precisazione da parte della maggioranza e del governo su quel che accade e su cosa dice la nostra Carta ci sarebbe stata. L’unico ad avvertirne la necessità è Maurizio Lupi (NM): "Le parole di Elon Musk sono inopportune perché, addirittura dall’estero, alimentano uno scontro con la magistratura che il centrodestra non vuole. Non c’è un conflitto tra poteri, semplicemente riteniamo che alcuni tribunali abbiano preso decisioni sbagliate".
Matteo Salvini, segretario della Lega ma anche del Trump fan club italiano, si accalora subito, tanto più che si sente parte in causa: "Musk ha ragione. Il 20 dicembre potrei ricevere una condanna a sei anni di carcere per aver impedito gli sbarchi di clandestini in Italia quando ero ministro dell’Interno. In una prospettiva internazionale, tutto ciò appare ancora più incredibile". La premier è troppo astuta per farsi coinvolgere in una bega del genere, tanto più che, mentre monta la polemica, è impegnata a ricevere il governatore repubblicano della Florida Ron DeSantis. Del resto, la reazione che filtra da Palazzo Chigi è mista: una certa soddisfazione c’è, perché Mister Tesla, dando ragione al governo, dà l’impressione di accreditare Meloni come tramite della Casa Bianca in Europa.
Dall’altra parte, si riflette sulla ricaduta cattiva: il timore di apparire commissariati dall’uomo più ricco del mondo. Se non oggi, domani quando Trump non sarà più il presidente eletto, ma quello in carica. A Chigi inoltre si chiedono se sia stato davvero Musk l’americano a impicciarsi degli affari italiani o un italiano doc come il suo referente qui, Andrea Stroppa, sospetto rinvigorito dal fatto che sia proprio lui a replicare citando la Costituzione. "Art. 21: tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Musk può esprimersi liberamente, fatevene una ragione". Da FdI scende in campo Giovanni Donzelli: "Esprimere opinioni non è un’ingerenza". Una presa di distanza dai contenuti del tweet non c’è: su questo si concentra l’opposizione che definisce invece l’intervento del ricco imprenditore "un’intollerabile ingerenza". Pd, Avs e +Europa chiedono a Meloni di intervenire e "difendere l’Italia". Anche perchè Musk, forsennon soddisfatto della bufera sollevata, in serata raddoppia, battibeccando via social con Sea Watch, la cui portavoce Giorgia Linardi l’aveva accusato di "minacciare la giustizia italiana". Questa ong, twitta, "è un’organizzazione criminale". Ironizza Elly Schlein: "È imbarazzante che i sovranisti si facciano dettare la linea da un miliardario americano".
Messa così sembra solo la bega di giornata. Ma allora perché sono gli stessi togati ad avvertire il bisogno di replicare a voce alta? "Ci si difenda da Musk. Lede la sovranità dello Stato", dice la vicepresidente dell’Anm, Alessandra Maddalena. E dal Csm Ernesto Carbone incalza: "Il giurista Musk critica un potere dello Stato. È inaccettabile e pericoloso". La risposta è chiara: oggi Musk è un privato cittadino, ma fra tre mesi potrebbe avere un ruolo nell’amministrazione Trump e non esserlo più. E se pure non l’avesse, nessuno trova più ascolto di lui nell’orecchio dell’uomo occidentale più potente. Quella che ora è una boutade inopportuna, domani potrebbe diventare un’interferenza a pieno titolo.