Martedì 26 Novembre 2024
GIORGIO CACCAMO
Politica

Movimento 5 Stelle: Conte sdogana Trump, scricchiola il campo largo. E rispunta pure Di Maio

Il centrosinistra contesta l’apertura dell’ex premier. La 5 Stelle Todde: io sto con Kamala L’ex ministro boccia Grillo: "Potrebbe frenare le modifiche allo statuto ma non ha coraggio"

Luigi Di Maio, Beppe Grillo e Giuseppe Conte

Luigi Di Maio, Beppe Grillo e Giuseppe Conte

Roma, 25 agosto 2024 – E alla fine sono tornati pure loro, Giuseppi e Giggino. Alias Giuseppe Conte e Luigi Di Maio. Sembra l’estate del 2019. Allora, era il 27 agosto, Donald Trump twittava entusiasta che non vedeva l’ora di lavorare con il premier italiano "pieno di talento", anche se ne storpiò il nome. Di quel governo – gialloverde – Di Maio era uno dei due vicepremier; l’altro, fino al Papeete, era Matteo Salvini. Ecco, cinque anni dopo Conte si riscopre un po’ “Giuseppi“, dicendo che una vittoria di Trump non sarebbe una "minaccia per la democrazia". D’altra parte, intervistato da Repubblica , dice che "è un argomento che non ho mai usato contro Meloni".

Ora, proprio mentre il centrosinistra italiano riscopre in Kamala Harris l’ennesimo faro su cui fare affidamento, le parole di Conte aprono un nuovo fronte e soprattutto una crepa nella già complicata partita del non si sa quanto probabile campo largo. In sintesi: "Conte sbaglia", "Inaccettabile", "Trump è un pericolo", "Nel centrosinistra l’unica scelta è Harris". E, si badi bene, non lo dicono solo il Pd o Italia viva o altri pezzi della (non) coalizione. Alessandra Todde, presidente 5 Stelle della Sardegna, non ha dubbi: "Io voterei dem, ho già fatto campagna per Obama e la rifarei per Kamala".

La mossa di Conte fa deflagrare una situazione già incandescente. E pensare che era il "fortissimo punto di riferimento dei progressisti", copyright Nicola Zingaretti... In realtà le cose non è che vadano in generale benissimo nella costruzione del campo largo, anche per le grane interne al Movimento. Andrea Orlando, in predicato di candidarsi alla guida dell’alleanza in Liguria, invita a "fare presto". Ma il M5s ha già messo in campo il nome alternativo di Luca Pirondini. Stefano Patuanelli, capogruppo al Senato e già ministro nella precedente alleanza Pd-M5s, va giù diretto, ricalcando peraltro quanto detto da Conte: "Non si possono fare alleanze con Renzi". Quel Renzi, ricorda oggettivamente ancora un po’ scottato l’attuale leader pentastellato, che "fa cadere i governi".

Su questo, forse, il M5s registra una delle pochissime cose su cui c’è un sostanziale accordo interno. Sul resto, chissà. E infatti è qui che (ri)entra in scena Di Maio. Prima di imbarcarsi su un aereo per l’Arabia Saudita in veste di rappresentante speciale dell’Unione europea per il Golfo, l’ex leader M5s svela all’agenzia Adnkronos qualche retroscena “tecnico“ su quanto sia ancora più intricata la questione Conte-Grillo alla vigilia di un probabile redde rationem . Grillo, dice il suo ex pupillo, avrebbe tutto il potere per fermare le modifiche di Conte alle regole cardine del Movimento, dal limite dei mandati ("va superato") al simbolo ("Conte vuole cambiarlo senza lasciare il partito, su consiglio dei sondaggisti").

Quel potere Beppe ce l’ha secondo l’articolo 12 comma 2, e sarebbe "una prerogativa quasi papalina", sintetizza Di Maio: "Il potere di interpretazione autentica, non sindacabile, delle norme dello statuto". Ma allora perché non lo esercita? Perché sostanzialmente ha "perso il suo coraggio", sentenzia l’ex ministro degli Esteri (e del Lavoro e dello Sviluppo). Le ragioni di questo coraggio perso per strada sono "almeno 300mila", è la velenosa interpretazione di Di Maio. Trecentomila come gli euro all’anno del contratto di consulenza del comico con il Movimento. E Giggino alla fine si toglie ironicamente i sassolini dalle scarpe: "Conte gli porterà via anche l’argenteria...". Poi si chiude il portellone. Ma la navigazione del M5s appare sempre più turbolenta.