Giovedì 21 Novembre 2024
RAFFAELE MARMO
Politica

Migranti, Minniti: "L’Africa è una polveriera. Serve un piano Mattei che coinvolga l’Europa"

La ricetta dell’ex ministro dell’Interno: l’Italia deve avere il ruolo di apripista. "C’è bisogno di un accordo tra Ue, Unione Africana e Onu per la gestione dei flussi"

Roma, 17 settembre 2023 – “La situazione è molto impegnativa. Abbiamo già ora cifre importanti che ci riportano al 2016, uno degli anni più difficili della storia dell’immigrazione nel nostro Paese. Ma, soprattutto, siamo avvolti nelle ombre del domani, per paragrafare il titolo di un bellissimo libro di Johan Huizinga. Per dire che il futuro non è rassicurante". A parlare è Marco Minniti, ex Ministro dell’Interno, oggi alla guida della Fondazione MedOr, una lunga e riconosciuta esperienza di analisi e sul campo della questione migratoria. Tanto che non più di una settimana fa l’autorevole Die Welt gli ha dedicato un’intera pagina per spiegare ai tedeschi che cosa stiamo vivendo e che cosa l’Europa dovrebbe fare.

Marco Minniti è stato ministro dell’Interno (2016-18)
Marco Minniti è stato ministro dell’Interno (2016-18)

Partiamo dal contesto, per dirla con Sciascia: che cosa accade tra l’Africa e il Mediterraneo?

"Vale la pena innanzitutto di ripristinare i fondamentali della lettura della realtà. Abbiamo di fronte uno scenario geopolitico che si compone della guerra in Ucraina (che non è nella nostra testa più, ma non è finita) e di un processo di progressiva destabilizzazione dell’Africa e di quella Centro-settentrionale che più direttamente ci riguarda".

Come si sta aggravando il quadro in Africa?

"Ci sono stati due colpi di Stato recenti (Niger e Gabon), 8 in tre anni, con il Niger che è un Paese chiave per il governo dei flussi migratori e che aveva un governo che era il più occidentale del Sahel. E’ ripreso il conflitto in Mali, c’è una guerra civile in Sudan: significa migliaia di morti. Poi abbiamo avuto due eventi contingenti drammatici: il terremoto in Marocco, la catastrofe in Cirenaica".

È la Russia che destabilizza?

"La Russia ha interessi in Africa, ma non ha la forza di organizzare una destabilizzazione in grande stile: quello che fa è colmare i vuoti dell’Europa, con la Wagner presente in numerosi Paesi. E’ il filo rosso che lega Ucraina e Africa".

L’Europa assiste immobile?

"L’Europa sta già perdendo l’Africa: e se questo accade, il problema è drammatico non per l’Italia, ma per tutto il Continente. Dunque, la priorità assoluta è evitare una destabilizzazione complessiva del Continente africano, perché è evidente che il combinato disposto di crisi politiche e militari, sfida del terrorismo, questione migratoria e questione climatica può portare a un collasso dell’Africa".

Quale è la posta in gioco?

"Nel rapporto con l’Africa si gioca un pezzo fondamentale del futuro dell’Europa su tre grandi questioni: il governo dei flussi migratori, la lotta contro il terrorismo, il nostro fabbisogno strategico di materie prime e terre rare, decisive per lo sviluppo tecnologico".

Che fare? Che cosa dobbiamo chiedere all’Europa e alla Von der Leyen che va a Lampedusa?

"È importante che la von Der Leyen sia oggi a Lampedusa, come segno di attenzione e solidarietà, ma non è sufficiente. E questo vale anche per i ripensamenti tedeschi sul blocco dei ricollocamenti volontari o per le parole del Presidente Macron. Il punto cruciale non è la solidarietà. Ma l’impegno comune".

Quali sono gli atti di un possibile impegno comune?

"La convocazione di un vertice straordinario dei Capi di Stato e di governo, con all’ordine del giorno non l’immigrazione, ma l’Africa. Invitando anche i vertici dell’Unione africana. Sarebbe un segnale straordinario per quella parte dell’Africa, ancora oggi maggioritaria, che non vuole essere al centro dell’attenzione solo di Cina e Russia. Una risposta anche alla recente riunione dei Brics".

Quale l’obiettivo del summit straordinario?

"Uno simbolico. Uno concreto che consiste nella decisione di varare immediatamente (non nel 2025 o nel 2024, ma subito) un piano per la stabilizzazione, lo sviluppo economico e la prosperità dell’Africa. E’ l’evoluzione del Piano Mattei, con la consapevolezza che nessun piano per l’Africa può essere di un solo Paese".

Che ruolo può svolgere l’Italia?

"L’Italia, in questo momento, deve svolgere il ruolo non di protagonista solitaria (perché nessun Paese da solo può farcela), ma di apripista dell’Europa verso l’Africa, perché questo ci sollecita a fare la nostra collocazione geografica. E’ la nostra missione storico-politica. E lo possiamo fare a maggiore ragione oggi con la Francia che ha dovuto subire uno scacco durissimo in Africa e la Germania che non può che passare da un Paese mediterraneo. In più, per una straordinaria congiunzione astrale abbiamo anche un Presidente della Repubblica (che per la prima volta cita nel suo discorso di fine anno l’Africa) e una Presidente del Consiglio, differenti per storie politiche e cultura politica, ma che sul rapporto con l’Africa hanno un punto di congiunzione".

Come si arriva a una nuova politica per le migrazioni?

"Il secondo passo è chiedere alla Commissione europea di fare un accordo tra Ue, Unione Africana e Onu per la gestione legale dei flussi migratori. L’Italia, per esempio, ha fatto una scelta rilevante: 450 mila ingressi legali nel nostro Paese in tre anni. Ma perché sia concreta e dispieghi i suoi effetti, oltre a cambiare la Bossi-Fini, serve gestirla con i Paesi di partenza o di transito dentro un’intesa-cornice complessiva".

Un’intesa che vada in quale direzione?

"Ogni Paese negozia i rapporti bilaterali e offre ingressi legali, gestiti attraverso la rete diplomatica e consolare, anche per la formazione, chiedendo, però, due cose fondamentali: il contrasto dei trafficanti di esseri umani (che può avvenire prima di tutto sulla terra ferma di partenza con azioni di cooperazione di polizia), e l’accettazione da parte dei Paesi di provenienza del rimpatrio immediato di coloro che arrivano illegalmente, anche ipotizzando una missione navale europea sul modello della missione Sophia (che non era e non sarebbe un blocco navale), con un corollario: la possibilità di operare nelle acque territoriali del Paese di origine fino a arrivare al rimpatrio immediato dei migranti salvati, riportandoli in un porto sicuro".

Quanto è realistico il piano che propone?

"Lo è. Anche perché non c’è alternativa. Nessun Paese africano, anche il più disastrato, accetterà mai di essere l’hotspot dell’Europa, perché anche il più pervicace dittatore sa che non può togliere al suo popolo un sogno, la possibilità di emigrare. Ma può spezzare il sogno illegale, per costruire quello legale".