Roma, 24 marzo 2019 - La politica del Governo sui temi dell’immigrazione si sta caratterizzando per la strategia del ‘muro contro muro’. Impedire gli sbarchi con la chiusura dei porti dovrebbe avere il risultato di demotivare scafisti e persone a mettersi in mare per cercare di approdare illegalmente nelle coste italiane. Se è vero che negli ultimi mesi, così facendo, si è diminuito in maniera drastica l’arrivo di navi con a bordo migranti, dall’altra parte bisogna considerare che non è possibile azzerare qualsiasi possibilità di richiesta di sbarchi. Pertanto anche con la sola presenza di una imbarcazione in acque territoriali il conflitto si accentua, nel senso che diventa un momento di scontro tra le posizioni intransigenti del Governo e dei partiti di centrodestra e quelle del centrosinistra connotate dall’accoglienza.
È anche vero che ogni volta che si è annunciato di chiudere i porti poi si è sempre trovata una scappatoia ‘umanitaria’ per fare in modo che l’approdo non venisse negato, anche se dopo molti giorni di trattativa. Così è accaduto con la vicenda della ‘Mare Ionio’ che aveva recuperato in mare 50 naufraghi e sbarcati a Lampedusa, o prima con la Sea Watch costretta a vagare nel Mediterraneo per 19 giorni e poi approdata nel porto di Catania. Nel frattempo, Ousseynou Sy, un senegalese con cittadinanza italiana, adducendo motivi legati, appunto, alle politiche restrittive della chiusura dei porti, ha preso in ostaggio 51 ragazzi e solo per il pronto intervento delle forze dell’ordine non è accaduta una strage. Per gli italiani, quindi, esiste un pericolo che la politica anti-immigrazione portata avanti dal Governo possa generare la possibilità di atti terroristici da parte di fanatici isolati o gruppi organizzati?
La risposta è No, anche se con alcune differenziazioni. Il 64% mette in relazione questi fatti più con la politica internazionale che con quella interna. Infatti, secondo la maggioranza assoluta degli italiani le ragioni che generano gli atti di violenza sono da ricercare prevalentemente nelle crisi internazionali, mentre solo per il 18% è il frutto della politica nostrana relativa alla chiusura dei porti o all’irrigidimento del Governo sulle tematiche dell’immigrazione clandestina. Il 5% inoltre pensa che le responsabilità siano da ricercare nelle espulsioni o nella percezione di minore sicurezza. Probabilmente, anche in seguito all’ultimo fattaccio della presa in ostaggio a Milano dei giovani studenti, il 67% teme che ci saranno altri atti violenti contro gli italiani. Un consistente 21%, invece, stima che ci potranno essere contro gli immigrati, quindi da parte di italiani. Pertanto l’opinione prevalente è che negli ultimi periodi la conflittualità tra italiani e immigrati sia aumentata. La pensa così il 53%, a fronte del 21% che ritiene sia rimasta uguale, mentre solo per un ulteriore 12% è addirittura diminuita. Altro elemento da evidenziare nella descrizione del clima di opinione in atto è che si è sedimentato, forse anche in relazione ai recenti fatti di Milano, la paura che si potrebbero verificare altri attentati del genere. In questo caso però il pericolo può provenire più da fanatici isolati che da gruppi organizzati. Infatti, a fronte del 36% della popolazione che teme ci potranno essere attacchi da parte di terroristi appartenenti a un gruppo internazionale, ben il 70% mette in conto che in futuro ci potrebbero essere altre ‘schegge impazzite’, come il senegalese, che invece non rispondono a nessuno.