Parigi, 17 settembre 2023 – “Il problema dei migranti è gravissimo, ma troverà una soluzione. L’atteggiamento nei confronti dell’Italia è assurdo, ma ormai tutti si rendono conto che lasciarla sola è assurdo, e lo stiamo vedendo in questi giorni. L’arrivo di Ursula von der Leyen con Giorgia Meloni a Lampedusa è un segnale preciso. L’Europa, nonostante i suoi difetti, le sue tensioni, l’ipocrisia e l’opportunismo di molti fra i suoi dirigenti politici, è ancora un Paese capace di reagire". È il parere del politologo ed economista francese Dominique Moisi, consulente speciale dell’Istituto francese di Relazioni internazionali e docente alle università di Parigi e Harvard.
Lei difende l’Ue, ma il meccanismo non funziona. Non c’è unione politica, gli egoismi nazionali sono prevalenti, il patto sociale non è andato in porto. E adesso è diventato esplosivo il problema migratorio.
"Calma. La costruzione europea, progetto gigantesco, non si può realizzare senza Tensioni e malintesi. Osserviamo però che nei momenti difficili l’Europa ha saputo restare unita e difendersi. Penso a come è stata gestita la tragedia del Covid, alle misure straordinarie prese per combattere la crisi economica, a come ci si è compattati davanti all’attacco russo in Ucraina. È vero che il tandem franco-tedesco è in difficoltà, che manca una visione comune su quel che bisogna fare in Africa, che non sappiamo come affrontare la crisi climatica e ambientale. Ma il percorso è lungo e difficile: parlare oggi di fallimento dell’Ue è insensato".
Ci spieghi meglio.
"Se facciamo il giro del mondo adesso, considerando la crisi della democrazia americana, le difficoltà crescenti dell’economia cinese, l’impasse suicida in cui si è avventurata la Russia, non abbiamo molte ragioni per lagnarci. Ricorda che diceva Taillerand? Se mi guardo mi affliggo, se mi paragono mi rassicuro… Del resto, dove vogliono andare i migranti? In Cina? In Russia? In Medioriente? No. Si precipitano verso l’Europa, la parte più civilizzata e relativamente prospera del pianeta".
I migranti sbarcano a centinaia di migliaia in primo luogo in Italia, che resta sola in prima linea mentre tutti si voltano dall’altra parte. Sarebbe questa la solidarietà europea?
"È vero. Le immagini di Lampedusa sono terribili: ma proprio per questo, proprio perché la situazione è insostenibile, gli Stati troveranno un’intesa molto forte. Sono obbligati a trovarla. E qualcosa si sta già muovendo. È accaduto davanti all’aggressione di Putin: l’Europa è rimasta globalmente unita, anche l’Italia di Giorgia Meloni, il che non era affatto scontato. Eccettuata l’Ungheria di Orban e forse domani la Slovenia, l’Europa si muove in modo concorde. Avverrà lo stesso con i migranti". Cos’è che impedisce la soluzione del problema?
"Il sovrapporsi di razionalità ed emotività. Dal punto di vista razionale sappiamo di avere bisogno dei migranti: l’Europa invecchia, la sua demografia è in crisi, abbiamo assolutamente bisogno dell’apporto di energie nuove, di persone positive, coraggiose, capaci d’integrarsi. Il guaio è che a questa visione razionale non corrisponde quella emotiva, condivisa da una larga parte di europei convinti che non ci sia posto per altre bocche da sfamare e spaventati dalle differenze culturali. I partiti di estrema destra approfittano di questo timore e soffiano sul fuoco, vedi lo show di Marion Marechal Le Pen a Lampedusa".
C’è una soluzione? Quale?
"Creare un partenariato Europa/Africa che permetta di tenere sotto controllo la situazione. Non ci sono altre strade. L’Europa non può permettersi di perdere l’Africa, che per lei è molto più importante della Russia e della Cina. Deve in un certo senso ‘ricolonizzarla’, ovviamente nel senso buono, aiutando le autorità locali a ripartire. Non sarà facile, considerando le dittature e i colpi di Stato che lacerano questo continente, ma deve lanciarsi su questa strada, l’unica percorribile. L’Africa siamo noi e lo vediamo bene a Lampedusa. I blocchi navali, i muri, le barriere di protezione sono assurdità di fronte alla pressione enorme già esistente, destinata a decuplicarsi nei prossimi anni". L’Africa è nelle mani della Cina, della Russia, dei terroristi islamici, di tiranni e satrapi locali. Come creare il partenariato di cui parla?
"Prima di tutto bisogna che l’Europa si liberi dei suoi egoismi, delle sue paure e delle sue emozioni selettive. Deve rendersi conto che questo è il test più importante con cui deve confrontarsi. Deve crederci. Per riuscire ha bisogno di leader politici forti, visionari, dirigenti pragmatici e coraggiosi".
Ne vede molti in giro?
"Ce ne sono. Draghi, per esempio. E altri, Macron compreso". Cosa pensa di Giorgia Meloni? "È una piacevole sorpresa e al tempo stesso un mistero. Non ci aspettavamo che si mostrasse così razionale nelle scelte sui soggetti economici, europei e internazionali. È una grande lavoratrice. Sul problema Ucraina non ha esitato a schierarsi dalla parte di Europa e Usa. E non ha tutti i torti quando chiede di rivedere il patto di stabilità, quando condanna gli extraprofitti bancari, quando critica la gestione delle banche centrali. Crolla invece, sino a diventare insopportabile, quando si lancia in crociate su questioni di società: lo fa per dare un contentino ai suoi elettori. Per fortuna si tratta di questioni simboliche, che non cambiano la natura dell’evoluzione europea".