Nessuna sorpresa. Il governo se lo aspettava, ma questo non rende la sberla meno dolorosa. Soprattutto perché a Palazzo Chigi e al Viminale sanno fin troppo bene di non disporre di strumenti per reagire. Non in tempi brevi, almeno. La sezione immigrazione del tribunale di Roma ha sospeso il provvedimento di convalida del trattenimento nel cpr di Gjader dei sette migranti trasferiti venerdì, rimettendo tutto nelle mani della Corte di giustizia europea. Ragion per cui il gruppetto di egiziani e bangladesi è tornato nella notte a Brindisi, in un centro di accoglienza. Per decorare con un po’ di fiele la torta al cianuro, i magistrati hanno sospeso anche l’efficacia delle sentenze che negavano l’asilo per una parte dei dodici extracomunitari rientrati dall’Albania ad ottobre. Insomma: il decreto legge varato dopo la prima bocciatura dei giudici romani non ha sortito gli effetti sperati dall’esecutivo. Per chiarire la decisione, la presidente della sezione, Luciana Sangiovanni, ne illustra i motivi in una nota: "I criteri per la designazione di uno Stato come Paese di origine sicuro sono stabiliti dal diritto dell’Unione europea. Pertanto, ferme le prerogative del legislatore nazionale, il giudice ha il dovere di verificare la corretta applicazione del diritto dell’Unione, che, notoriamente, prevale sulla legge nazionale ove con esso incompatibile". Peraltro, sottolinea, "non si esclude il rimpatrio in un paese escluso dall’elenco di quelli sicuri, se la domanda d’asilo è respinta".
Di qui il rinvio alla corte lussemburghese cui le toghe pongono quattro quesiti: si può con legge stabilire se uno Stato è sicuro ai fini della procedura accelerata? Si possono non rendere pubblici i documenti su cui si basa la classificazione? Il giudice può prendere come riferimento per la decisione fonti diverse da quelle utilizzate dallo Stato? Può un paese definirsi sicuro se non lo è per determinate categorie? In questo quadro il governo può fare ben poco: giusto annunciare che il Viminale si costituirà davanti alla Corte Ue, presentando le proprie ragioni.
Ma non è cosa di domani: la decisione è attesa per luglio 2025. Poi c’è la lista dei paesi sicuri del nuovo patto asilo-immigrazione. La pressione italiana perchè l’Europa anticipi i tempi rispetto alla data prevista del giugno 2026 è forte e non è detto che non raggiunga qualche risultato. Ma prima dell’estate non arriverà. Dunque il tormentone è destinato a proseguire senza variazioni perché il governo non vuole rinunciare a inviare nell’oramai inutile resort albanese gruppi di migranti per doverli poi riportarli in Italia a strettissimo giro.
Ci guadagna solo la polemica politica, in attesa del nuovo round il quattro dicembre, quando la Cassazione dovrà pronunciarsi in merito alla possibilità dei giudici di poter ignorare la lista dei paesi sicuri stilata dal governo. Matteo Salvini attacca: "È un’altra sentenza politica contro gli italiani e la loro sicurezza. Nessuno mi toglie l’idea che quelle sentenze servano alle cooperative rosse per fare soldi sulla pelle di questa gente". Ribatte l’Associazione nazionale dei magistrati che la nuova norma è "incompatibile con il diritto della Ue" e nel dubbio è "doveroso sollevare un rinvio pregiudiziale". Non la pensa così Antonio Tajani: "Ci sono alcuni magistrati che stanno cercando di imporre la loro linea al Governo". Fa muro l’opposizione: "Il governo ammetta il fallimento del protocollo con l’Albania, spot elettorale che è costato 800milioni", riassume gli umori Alessandro Alfieri (PD). Incalza M5s con Ettore Licheri: "La destra cerca lo scontro con la magistratura per nascondere il flop".
Vero è che ovunque il tema dell’immigrazione è quello che più gonfia le vele alla destra, ma non quando rischia di apparire impotente come in questo caso. Ragion per cui Giorgia Meloni, che del protocollo con l’Albania è madrina, ha scelto, almeno per ora, di tenere un profilo basso. Ma a riassumere irritazione e imbarazzo ci pensano i fedelissimi di FdI: "Non sarà un pezzo di magistratura militante a decidere le politiche migratorie", dice il sottosegretario alla giustizia, Andrea Delmastro.