Mercoledì 13 Novembre 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

Imbarazzo a destra: Giorgetti dà l’ok al Mes e il governo va sotto su un emendamento

"La ratifica del Meccanismo europeo di stabilità può migliorare il rating" I tecnici del ministero dell’Economia: non ci saranno nuovi oneri Commissione in Senato, Forza Italia nega i voti decisivi sul dl Lavoro

Roma, 22 giugno 2023 – Che ieri sia stata una giornata nera per il governo non c’è dubbio. Forse non del tutto inattesa, però. Almeno per quanto riguarda la prima bomba, quella che esplode nella commissione Esteri della Camera, con il parere del ministero dell’Economia sulla riforma del Mes. Ci si aspettava una stroncatura: è una lode sperticata. "Il fondo salva-Stati – si legge nel testo – non danneggia i conti pubblici", anzi "migliora il rating" e "l’accesso ai mercati finanziari". E sarebbe un aiuto "per i Paesi ad alto debito". La Lega, colta alla sprovvista, chiede di votare subito: affossiamo la riforma, non se ne parli più. Il presidente della Commissione Tremonti, consapevole degli effetti devastanti che una bocciatura avrebbe a Bruxelles, non dà retta agli scalmanati e rinvia ad oggi.

Giancarlo Giorgetti, ministro dell'Economia
Giancarlo Giorgetti, ministro dell'Economia

Il secondo ordigno esplode a Palazzo Madama, in commissione Bilancio. Si vota il parere sui 12 emendamenti della relatrice Paola Mancini (FdI) sul dl lavoro. Finisce in pareggio, 10 a 10, e la maggioranza va sotto, assenti all’appello i due senatori di Forza Italia: Claudio Lotito e il ronzulliano Dario Damiani. "Banale ritardo dovuto al genetliaco di un collega", si giustificano. Il ghigno soddisfatto di Lotito racconta un’altra storia e lui stesso entrando in aula sibila un meno rassicurante: "Questo è solo l’antipasto". Dietro lo sgarbo (il parere più tardi viene approvato), un avviso alla premier sulla pirateria online del presidente della Lazio. I due incidenti non sono collegati, ma messi insieme restituiscono un’immagine ben poco stabile. Per importanza e peso politico il nodo Mes è di gran lunga prevalente. Per tutto il giorno governo e maggioranza ripetono la stessa formula: è solo un parere tecnico, non una decisione politica, che arriverà a suo tempo. Parere tecnico, peraltro, firmato dal capo di gabinetto Stefano Varone ma condiviso dal ministro Giorgetti che lo considera ben fatto, ben scritto, senza valenza politica.

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L’opposizione la pensa in modo diverso, il fuoco ad alzo zero prosegue fino a notte: "Non ci sono giustificazioni persino Giorgetti smentisce la premier, la ratifica va votata subito". Il titolare dell’Economia, del resto, è considerato favorevole alla ratifica (manca solo l’Italia all’appello nella Ue) e avrebbe anche affermato di muoversi in sintonia con Giorgia. Dal governo concordano: la premier lei conosceva la mossa del Mef. "Su simili questioni gli uffici si allineano", aggiungono. È plausibile che il ’parere esclusivamente tecnico’ intendesse veicolare un messaggio all’Europa, ovvero la conferma di quanto detto in privato dal ministro alla Commissione Ue: alla fine l’Italia accetterà la ratifica, ma con i suoi tempi e non senza ottenere in cambio una contropartita sul patto di Stabilità. Maurizio Lupi, leader di Noi moderati, conferma: "La maggioranza andrà avanti, la sfida vera è riformare il patto di Stabilità". Rassicurazione necessaria proprio perché l’esecutivo non intende fare una scelta ora. Il dibattito in aula, più volte rinviato, sulle due proposte di ratifica presentate da Pd e Iv è fissato per il 30 giugno. Ma il quadro non permette di sciogliere il rovello: il no definitivo alla ratifica innescherebbe uno scontro frontale con l’Europa, accettarla ora, oltre a smentire la premier che ancora pochi giorni fa lo definiva uno "stigma", vorrebbe dire privarsi di uno strumento di contrattazione essenziale. Inoltre la maggioranza rischierebbe di brutto la spaccatura: Forza Italia è favorevole, la Lega è ostile: "Il Mes non serve, restiamo contrari", avverte Davide Crippa.

Insomma segnali di apertura sì, ma la scelta verrà rinviata a dopo l’estate. Come? Governo e maggioranza hanno vagliato diverse ipotesi, l’opzione più accreditata sembra quella di approvare un testo base e andare avanti con la discussione e l’audizione del ministro Giorgetti, mentre l’opposizione cercherà di ottenere un voto in commissione subito. Eppure a irritare la premier è stato soprattutto l’incidente del Senato. Il nodo Mes in un modo o nell’altro finirà per essere governato, la diserzione dei senatori azzurri invece avvalora una paura diffusa, e cioè che senza più Berlusconi a tenere le redini, il partito azzurro sia destinato a trasformarsi in un formicaio impazzito e incontrollabile.