L’Aventino al contrario, inedito assoluto in Parlamento, con la maggioranza che lascia la commissione e fa passare un primo voto delle opposizioni sul Mes. E un secondo inedito, un Consiglio dei ministri rinviato, a sorpresa, per "motivi personali” non meglio specificati della premier. Una giornata particolare per Giorgia Meloni. Qualche ministro che ha avuto modo di parlarle dice che sarebbe irritata dal polverone che si è alzato sul Meccanismo europeo, ma anche da distinguo e tensioni che si ripetono tra i partiti della maggioranza. Tanto da farla sbottare, riferisce qualcuno, “avanti così e torniamo a contarci al voto”.
Di certo il rinvio del Cdm non aiuta a rasserenare gli animi. Anzi. Pare che Matteo Salvini non l’abbia presa bene. Doveva essere il Cdm dell’annunciata riforma del codice della strada, pallino del leader della Lega. Inoltre ci sarebbero state discussioni sulla nomina del commissario per la ricostruzione post alluvione, rinviata insieme al Cdm.
La cronaca vede la maggioranza trovare, a fatica, una posizione unitaria sul Mes. Nessuno si presenta in commissione Esteri dove Pd, Terzo polo e +Europa si votano da soli (con l’astensione di M5s e Verdi-Sinistra), l’adozione del testo base che chiede la ratifica della riforma del Mes. La Lega sarebbe stata la più riottosa da convincere e dentro FdI si rincorrono i sospetti sui rischi di sorprese se davvero il 30 giugno si andrà in Aula. Proprio mentre Meloni sarà impegnata con il Consiglio europeo.
Da Bruxelles si guarda “con attenzione” al dibattito italiano. E non è un mistero che ci si attenda, alla fine, l’ok alla ratifica. Una soluzione cui parte della maggioranza sarebbe oramai rassegnata. Anche se Salvini continua a ripetere che “non è uno strumento utile al Paese”.
Roma, 23 giugno 2023 – Senatore Stefano Patuanelli, gli uffici del ministero dell’Economia sostengono che la ratifica del Mes avvantaggerebbe l’Italia. Da ex ministro 5 stelle dello Sviluppo economico qual è la sua opinione in proposito?
"Anzitutto non stiamo parlando degli uffici tecnici del Mef, ma del capo di gabinetto del ministro Giorgetti, ovvero una nomina politica, la più importante, all’interno del ministero. Quindi il messaggio è politico, non tecnico. Quello che noi pensiamo è stato ribadito in tutte le circostanze che ci hanno permesso di non attivare il cosiddetto ‘Mes sanitario’ e ottenere, grazie a quella mossa politica, i 209 miliardi del Pnrr. Noi abbiamo inserito la logica di pacchetto in tutti i nostri atti parlamentari come prerequisito di qualunque discussione, passi avanti mai ottenuti né con Draghi né con Meloni. Detto questo, ci godremo lo spettacolo di una maggioranza che nemmeno si presenta al voto in commissione. Da un lato Meloni parla di stigma sui mercati, dall’altro Giorgetti parla di effetto benefico sui mercati: due affermazioni in perfetta antitesi".
Meloni chiede un negoziato unico su Mes, Unione bancaria e Patto di stabilità, da cui chiede siano escluse le spese per ambiente, armamenti e transizione digitale. Si tratta di un’istanza giusta?
"Piuttosto di queste formule fuori tempo massimo, la premier dovrebbe implementare il Pnrr su cui sta avendo enormi difficoltà. Lavori per scaricare a terra quei 209 miliardi che il governo Conte 2 le ha lasciato in dote, assieme a una crescita in due anni del 10,7% che sta lentamente dilapidando con l’eliminazione delle politiche d’investimento per le imprese".
I ritardi del Pnrr sono riconducibili tutti a questo governo oppure risalgono già all’azione del governo Draghi?
"Con Draghi ero ministro dell’Agricoltura e capodelegazione M5S: tutti gli obiettivi intermedi erano stati raggiunti. A mio avviso, i problemi del Pnrr sono iniziati quando il governo ha deciso di spostare la cabina di regia per fare un’infornata di nomine amiche, accentrandola a Palazzo Chigi ed eliminando le strutture di missione all’interno dei ministeri. Scelta legittima, ma che fatta in corsa porta enormi problemi, poi verificatisi".
Possibile che la maggioranza si accinga a cambiar parere sul Mes in considerazione del fatto che il Ppe considera l’accettazione dei meccanismi europei condizione irrinunciabile per accogliere i conservatori nella prossima maggioranza europea?
"Sul Mes la maggioranza non esiste. La Lega è contraria, ad eccezione del suo ministro dell’Economia e pochi altri, Forza Italia è favorevole e Fratelli d’Italia, pur di rimanere al potere, voterebbe qualsiasi cosa. Meloni si è già rimangiata tutto quello che poteva ed è completamente subalterna ai funzionari di Bruxelles: qualunque cosa le chiedono, lei esegue. Le opposizioni non devono dar sponda alla maggioranza quando il testo arriverà in aula, perché a mio avviso puntano a farlo ratificare dando poi la colpa a noi, in particolare al Pd. Io dico che dovremmo goderci lo spettacolo astenendoci in blocco. Pur di rimanere al potere lo voteranno".
Ratifica del Mes e guerra in Ucraina sono due temi cruciali rispetto ai quali c’è una netta diversità di vedute rispetto al Pd. Quanto possono pesare queste differenze in vista di future alleanze?
"Lasciamo la maggioranza ai suoi problemi e non diamo sponde sulla ratifica del Mes. Il tema Ucraina invece è diverso e ci divide dal Pd, in particolare sul ritenere il continuo invio di armi come unica strada per la pace. A nostro avviso invece il pericolo di escalation militare è enorme".