Venerdì 21 Febbraio 2025
ANTONELLA COPPARI
Politica

Meloni rompe il silenzio: "Usa e Ue insieme per la pace". Ma non parteciperà al G7

La premier ribadisce il sostegno a Kiev, anche se non andrà in Ucraina per i tre anni di guerra. L’assenza dal summit dei Grandi per un impegno con lo sceicco degli Emirati Arabi.

La presidente del Consiglio Meloni tra i vicepremier Tajani e Salvini

La presidente del Consiglio Meloni tra i vicepremier Tajani e Salvini

Non rompe un silenzio oramai imbarazzante, ma quasi. Complice una telefonata pomeridiana con il premier canadese Justin Trudeau, Giorgia Meloni trova modo di far filtrare le sue posizioni sull’Ucraina: ricorda che "sono stati il sostegno occidentale insieme al coraggio e alla fermezza ucraina a precostituire le condizioni che rendono possibile parlare oggi di un’ipotesi di accordo". Salomonica, assicura che l’Italia lavora "con gli Stati Uniti e i partner europei e occidentali per raggiungere una pace duratura in Europa" che, sia ben chiaro, "necessita di garanzie di sicurezza reali ed efficaci per l’Ucraina". Sono parole calibrate per provare a non scontentare troppo nessuno. Le posizioni del governo italiano sono già radicalmente cambiate: lo dimostra la scelta di non andare a Kiev, insieme ai vertici dell’Unione europea, per il terzo anniversario del conflitto. E di disertare il vertice in videocall del G7 convocato dalla presidenza canadese. Assenze giustificate, come spiega a Trudeau, per impegni pregressi: "La colazione da lei offerta allo sceicco Mohammed bin Zayed" e l’intervento "al Business Forum italo-emiratino, nell’ambito della visita di Stato in Italia del presidente degli Emirati Arabi Uniti, da lungo tempo programmata". A rappresentare il governo ci sarà il ministro degli Esteri Antonio Tajani.

Ma c’è un confine che Giorgia Meloni sa di non poter oltrepassare: le innumerevoli dichiarazioni di vicinanza e ammirazione per Volodymyr Zelensky non permettono ambiguità rispetto ai violentissimi attacchi di Trump e dei suoi collaboratori. Tra i leader occidentali, la presidente italiana è stata forse la più drastica nell’indicare in Putin l’unico responsabile della guerra. Quella narrazione non la può ritoccare o rimaneggiare. Anche per questo spera di riuscire a non suonare il tasto ucraino quando domani alle 19.15 (ora italiana) parlerà alla convention dei conservatori (Cpac) a Washington in videoconferenza. Le voci di una sua possibile partenza a sorpresa per incontrare di persona Trump non hanno mai avuto grande fondamento. Lo sgarbo nei confronti del presidente francese Emmanuel Macron e del primo ministro britannico Keir Starmer che saranno a Washington il primo lunedì e il secondo giovedì per tentare di costruire un ponte con l’amministrazione americana sarebbe stato imperdonabile. Giorgia al contrario mira a non rompere con nessuno: per giocare una sua parte punta su un colloquio con Starmer prima del viaggio dell’inglese negli Stati Uniti.

Per ora il governo italiano non si smuove dall’equilibrismo ambiguo che ha scelto di adottare. Ieri la premier e i due vice hanno fatto il punto in un vertice a Palazzo Chigi: sul tavolo il nodo delle concessioni balneari dopo che il Tar della Liguria ha bocciato la riforma. Il discorso è caduto inevitabilmente anche sulla crisi ucraina: non sono andati troppo in là, ma un punto fermo è, appunto, il riconoscimento di Zelensky. Non casualmente a chi gli chiede se condivide gli affondi di Trump Matteo Salvini replica: "Non commento i giudizi, commento i fatti e costui in poche settimane sta facendo quello che né von der Leyen né Biden hanno fatto in anni". Sul punto resta sobrio, malgrado il tifo da stadio per the Donald: "Chi lo attacca non aiuta la pace, spero vada in fondo".

Tajani mantiene la stessa linea equilibrata della premier: "Continuiamo a sostenere l’Ucraina, abbiamo sempre detto che non eravamo in guerra con la Russia e siamo convinti che al tavolo delle trattative debbano esserci gli europei, l’Ucraina e gli Stati Uniti". Il più chiaro nell’indicare la svoltagià decisa dalla destra è il portavoce di FI, Raffaele Nevi: "Negli ultimi tre anni l’Italia ha sostenuto l’Ucraina con determinazione. Oggi però è necessario mostrare maggiore prudenza, soprattutto dopo i segnali giunti dagli Usa, un alleato fondamentale per la sicurezza globale". Più chiaro di come non potrebbe essere. Insomma, la settimana prossima quando trincerarsi nel mutismo diventerà impossibile in occasione dell’anniversario della guerra, la premier insisterà nel difendere Zelensky e le buone ragioni dell’Ucraina, sperando che basti a salvarle la faccia in Europa senza irritare troppo i nuovi amici di Washington. Per il resto, come dice Nevi, passerà dai principi al pragmatismo. Senza dimenticare le garanzie di sicurezza per l’Ucraina. O di quel che ne resterà.