Roma, 3 giugno 2024 – Chi di Mattarella ferisce, di Mattarella perisce. Almeno per la premier, intervistata in territorio amico, non TeleMeloni ma Mediaset. L’interesse di Giorgia per gli attacchi della Lega al capo dello Stato sembra inversamente proporzionale al fragore suscitato nell’intero mondo politico. Gli altri si accapigliano, litigano, discutono lei li liquida in poche parole: "Sono stata molto contenta che Salvini abbia chiarito. Era importante farlo, soprattutto nella giornata del 2 giugno, bisogna evitare il più possibile le polemiche".
Un chiarimento arrivato domenica sera, e rilanciato in mattinata: "Il presidente – osserva il Capitano – ha il rispetto mio e della Lega". Non che impegni tutto il Carroccio, perché il generale Vannacci rincara: "Il suo compito è garantire la Costituzione i pareri politici spettano ai partiti", Claudio Borghi rivendica: "Non ho chiesto le sue dimissioni. Sul tweet c’è scritto ‘se pensasse che la sovranità è europea, allora dovrebbe dimettersi’". Ma a via Bellerio, conta il leader, e lui smentisce seccamente che quella precisazione sia stata chiesta da Palazzo Chigi. In effetti non c’era bisogno di una richiesta specifica perché lui capisse di non poter mettere così nei guai l’alleata. In ballo non ci sono le Europee, dove i due sono competitor, ma le riforme istituzionali, dove l’alleanza è blindata. E l’attacco al capo dello Stato ha regalato armi preziose alla propaganda del fronte anti-premierato che punta proprio sul depotenziamento del ruolo del Colle. È il fianco esposto, Meloni lo sa e reagisce, usando anche lei la carta Mattarella: "Vedo un tentativo continuo di tirare il presidente nell’agone politico, di raccontare presunte divergenze con il governo e credo che al fondo di questa strategia ci sia la riforma istituzionale".
E cioè: "Per bloccarla si trincerano dietro di lui: manca di rispetto verso di lui chi lo vuole tirare nelle beghe della politica". La versione di Giorgia è certamente edulcorata: "Avevano deciso questa strategia quando la destra proponeva il semipresidenzialismo; quando io, per venire incontro alle opposizioni che chiedevano di non toccare i suoi poteri, ho deciso di cambiare riforma, loro non hanno fatto in tempo ad aggiornare la tattica". Insomma, à la guerre comme à la guerre. Quanto poco piacere possa fare al presidente della Repubblica essere trasformato nel campo del gioco in cui le parti si confrontano strattonandolo da un lato e dall’altro è facilmente immaginabile.
Nella lunga intervista a Nicola Porro, la premier parla un po’ di tutto: difende la riforma della giustizia. "In Parlamento ci sarà una maggioranza più ampia di quella di governo". Si scatena contro Lucia Annunziata: "Adesso è un soggetto politico, posso risponderle". E ha partita facile quando ricorda: "Si è indignata con me perché ho detto che lasciava la Rai per candidarsi con il Pd, lei ha smentito categoricamente. E si è candidata: legittimo, ma non dica ’me ne vado perché il governo mi censura’".
Esclude le dimissioni di Giancarlo Giorgetti annunciate ieri da la Repubblica, ma qui arriva buon ultima; ci avevano già pensato Salvini ("una bufala") e il diretto interessato. "Hanno confuso la festa della Repubblica con la festa de la Repubblica ed erano un po’ eccitati per questo. Continuo a fare il mio lavoro, sto già pensando al piano strutturale, ho un progetto". Sulla Liguria non si espone: "Deciderà Toti, lui sa la verità". Esclude in modo tassativo le sue dimissioni in caso di sconfitta al referendum: "Non vado a casa se perdo".
Oltre allo scontro sul premierato, il cuore del suo ragionamento è l’Europa. Borghi lo aveva detto: "Siamo riusciti a riportare il dibattito sui binari giusti, ovvero non destra o sinistra ma più Ue o meno Ue" Giorgia qui ha un problema enorme: lei di Europa ne vuole di meno, come Salvini e Le Pen ma deve adoperare toni opposti ai loro. Tanto diplomatici ed accettabili a Bruxelles, Parigi, Berlino, quanto ringhiosi e truculenti sono quelli dei cugini. La trovata è contrapporre l’Europa confederazione all’Europa federazione "come voleva anche De Gaulle. che forse non era europeista?". Un’Europa che sia tale solo in casi rarissimi, quando è strettamente indispensabile. E che per il resto lasci tutto lo spazio ai singoli paesi confederati. Insomma, il sovranismo come quello a cui mira il leader della Lega, ma con un abito buono che si possa indossare anche nei ricevimenti a Bruxelles.