Roma, 20 giugno 2023 – Si realizza, dopo mesi di travaglio politico tra i due Paesi, l’incontro tra Meloni e Macron. Italia e Francia sono finite in una sorta di trappola diplomatica, con una tensione sotterranea che dura da anni ed è esplosa negli ultimi mesi, che è quella di essere paesi alleati e concorrenti al tempo stesso. I dossier sul tavolo dei presidenti testimoniano proprio questo stato di cose. In Europa, quando si tratta di patto di stabilità e regole economiche, gli interessi delle due Nazioni coincidono. Per ragioni di status, la Francia, e di necessità, l’Italia, i due governi non possono accettare supinamente i residui ideologici dell’austerità tedesca e del blocco del nord Europa.
Questo è il punto su cui la convergenza è più facile e che culminerà in una alleanza negoziale nei confronti di Berlino. Sull’immigrazione ci sono state scintille perché tanto il governo centrista di Macron quanto quello di destra di Meloni non vogliono arrivi illimitati di migranti irregolari nei rispettivi paesi. Tuttavia, la Francia ha interesse proprio per questo motivo a non sabotare la attuazione di un piano europeo, allo stato attuale non risolutivo, per una migliore e più equa gestione dei flussi migratori sia con strumenti comunitari che di politica estera. Il fronte più complesso è invece quello dei rapporti bilaterali.
Sappiamo che per il governo Meloni l’attuazione del trattato del Quirinale non è una priorità poiché c’è il sospetto che il patto possa sbilanciarsi a favore di Parigi soprattutto sulle questioni politico-amministrative. In Francia le istituzioni pubbliche sono più forti e organizzate e a Roma si teme che in campi come l’alta amministrazione, l’alta formazione e la diplomazia l’Italia finisca per diventare subalterna all’alleato.
Gli stessi timori si ventilano per quanto concerne l’industria manifatturiera. Mentre una ulteriore cooperazione e integrazione sarà possibile nel settore della difesa, all’ordine del giorno vista la guerra in Ucraina, e nell’industria ad essa collegata. C’è poi l’annosa questione di Tim, dove c’è un forte azionista francese, Vivendi del finanziere Vincent Bolloré, che oggi gioca da stopper, a favore dello status quo, nelle trattative che riguardano la riorganizzazione della compagine societaria. Vedremo se il faccia a faccia tra Macron e Meloni aiuterà Bolloré a compiere una scelta tra le offerte presentate a Tim e se questa decisione incontrerà i favori del governo italiano. Ad ogni modo un incontro tra i due capi di governo è un passo in avanti rispetto ad una relazione che è stata molto faticosa nell’ultimo anno.
Bisogna però fare i conti con la realtà: in un contesto globale che volge al protezionismo sarà difficile immaginare che l’integrazione industriale e finanziaria tra i due paesi possa viaggiare alla stessa velocità del passato. Allora Macron e Meloni dovranno essere attenti a scindere le questioni: quelle europee e di difesa da un lato, dove c’è spazio per una partnership più solida; quelle economiche, finanziarie e industriali dall’altro, per le quali il momento non è propizio e si rischia di generare più conflitto che cooperazione tra governi. Vedremo se l’arte della politica saprà generare migliori risultati di quelli raggiunti fino ad oggi dalla diplomazia.