]Meloni strapazza Salvini, non a caso assente dall’aula, ma lo fa con diplomazia. Le elezioni di Putin sono state "una farsa". La premier parla però di quelle in Ucraina, nei territori occupati. Sulle urne in Russia glissa. A quanto siano state libere quelle elezioni allude indirettamente, assicurando che non sarà dimenticato "il sacrificio di Navalny in nome della libertà". Equilibrismi semantici che servono a mostrarsi coesi anche quando non lo si è. E il fianco è tanto esposto che Giorgia nella replica si inalbera con i democratici che avevano denunciato le divisioni nella maggioranza: "Mi sembra che qualche tentennamento ci sia, per una volta non nel M5S, ma nel Pd che sull’invio di armi all’Ucraina si è astenuto. Noi abbiamo sempre votato tutti allo stesso modo". Nella informativa di Giorgia Meloni al Senato la guerra primeggia, così come egemonizzerà il dibattito domani nel Consiglio europeo.
La situazione sul fronte è cambiata, quella del governo italiano invece no. "Come si può trattare con la Russia che non ha mai mantenuto i propri impegni?", dice nella relazione iniziale la premier. Nella replica, scagliandosi contro il leader M5s, è più sanguigna: "Ho sentito dire a Conte che Zelensky, se vuole la pace, deve mettersi gli abiti civili. Probabilmente pensava che a governare l’Italia ci sarebbe stata la sua pochette". Ma voler trattare lasciando alla Russia i territori che ha occupato – scandisce – significa chiedere la resa. "Chi dice che inviare le armi non è servito, dimentica che Putin voleva una guerra lampo e non gli è riuscita". La linea dell’Italia, come quella dell’Europa, resta identica: armi. Non truppe. Sul ’no’ all’ipotesi di Macron, è netta Meloni: "La nostra posizione non è favorevole all’invio di truppe, perché foriera di una escalation pericolosa".
È una linea condivisa dall’intero Parlamento. Ma se la guerra non si può fare e non si può trattare, resta poco chiaro come risolvere la situazione. Su Gaza la posizione del governo è equilibrata. Come assicura pure Tajani di fronte alle commissioni Esteri di Camera e Senato, l’amicizia con Israele non è in discussione: "Non possiamo dimenticare che Hamas ha scatenato il conflitto in Medio Oriente. La reticenza nel ribadirlo tradisce un antisemitismo latente ma dilagante".
Meloni parte dal 7 ottobre, poi critica la risposta ("Israele deve esercitare il legittimo diritto all’autodifesa con proporzionalità e nel rispetto del diritto umanitario",) e prende una posizione ferma contro l’attacco di terra a Rafah: "Ribadiamo la contrarietà a una operazione di terra dalle conseguenze catastrofiche". Si schiera per l’unica soluzione possibile: due popoli, due Stati. Però non c’è accenno al cessate il fuoco e, soprattutto, per ora l’Italia non riprenderà gli aiuti economici all’agenzia dell’Onu, Unrwa. Tajani è esplicito: "Aspettiamo le conclusioni delle indagini e decideremo".
Sulla guerra Meloni (che oggi è attesa alla Camera) va oltre il contingente e illustra una posizione destinata ad avere ricadute dirette sulla vita di tutti: "La Nato deve avere due colonne di uguale peso, una americana e una europea. La libertà ha un costo". Significa che in futuro la spesa bellica aumenterà a detrimento di altre spese. Forse il welfare, certamente il green deal. Due anni fa la transizione ecologica era l’orizzonte su cui si muoveva l’Ue, oggi è il riarmo con soddisfazione di maggioranza e governo: alla fine passa la risoluzione del centrodestra, si votano per parti separate le 5 delle opposizioni.
Mentre impazza il giallo un po’ da tabloid sull’assenza di Salvini, la Lega cerca di chiudere le polemiche con una nota: "Le parole della premier sull’Ucraina confermano la linea responsabile e di buonsenso dell’esecutivo". La maggioranza deve essere, o sembrare, coesa. Altrimenti pure in elezioni proporzionali come quelle Europee il prezzo lo pagheranno tutti. Il rischio c’è, se la leader di FdI abbassa l’asticella fino a dire che si accontenterebbe di ripetere il risultato delle politiche: 26%, e passa la paura.