Mercoledì 17 Luglio 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

Meloni, la “carezza” a Draghi e l’attacco a Gentiloni. Il ponte sullo Stretto? “Lo famo, lo famo”

Sul reddito di cittadinanza: "Non vorrei che a gestire quei fondi fosse la camorra". Non litiga con l’Europa. E sul premierato: "Presenteremo la riforma nelle prossime settimane"

Roma, 13 settembre 2023 – Maratona Meloni. Toccata e fuga all’ora di cena a Cinque Minuti. Poi una prolungata esposizione in seconda serata, sempre ospite di Bruno Vespa per Raiuno, ma sulla poltrona di Porta a porta. La premier la dedica soprattutto alla propaganda e non va giù di fioretto.

Giorgia Meloni in Tv
Giorgia Meloni in Tv

Sul reddito di cittadinanza, per esempio, chiama direttamente in causa il crimine organizzato: "Non vorrei che a gestire quei fondi fosse la camorra. Su questa cosa bisogna andare fino in fondo". Sul Superbonus manganella: "Conte ci ha fatto gratuitamente campagna elettorale. È costato 140 miliardi, come 4-6 finanziarie. Soldi sottratti alla sanità e alle persone più in difficoltà".

Per scagliare l’usuale freccia avvelenata contro Paolo Gentiloni fa leva sul coinvolgimento nella Ue di Mario Draghi annunciato ieri – in funzione essenzialmente elettorale – da Ursula von der Leyen: "Non è un’iniziativa contro di noi. È un’ottima notizia. È uno degli italiani più autorevoli, presumo che in un ruolo del genere possa avere un occhio di riguardo per la nostra nazione". L’allusione è chiarissima ma, casomai fosse sfuggita a qualcuno, una volta approdata nella trasmissione notturna la illustra nel dettaglio: "Gentiloni fa molte interviste per redarguire il governo, ma non voglio litigarci". Figurarsi se avesse voluto litigarci. Sulla vita privata c’è ben poco da dire: "What vita privata? Nella mia vita non c’è altro che quello che devo fare", taglia corto. "Vivo una dimensione folle, ma non sono cambiata". Per il resto, più che una doppia intervista è un unico comizio.

Giorgia mantiene lo stesso registro quando conferma che il premierato è a un passo: "Presenteremo la riforma nelle prossime settimane: spero ci siano convergenze. Se non ci saranno i due terzi in Parlamento si esprimeranno gli italiani". O quando imita una vignetta di Osho sul Ponte sullo Stretto: "Lo famo, lo famo". Ovviamente per quanto riguarda Caivano: "Non mi faccio intimidire dalle “stese“ sulle strade". Nonché per la manovra: "Le priorità sono redditi, famiglia, sanità". Quando però dal quadro interno si passa a quello europeo le cose cambiano: la premier abbandona la propaganda per adottare toni infinitamente più cauti e meditati.

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A differenza del suo vicepremier, Matteo Salvini, che nelle stesse ore spara ad alzo zero annunciando addirittura la morte dell’Europa, non ha intenzione di gettare a mare il lavoro di un anno per ingaggiare uno scontro frontale con Bruxelles, Berlino e Parigi né sull’immigrazione né su altro. Prudente persino quando si parla della possibile alleanza con i socialisti: "Mi pare molto difficile, non sono avvezza a fare accordi con la sinistra, ma è prematuro parlare oggi di alleanze". Su Ita si limita ad augurarsi che la Ue "non perda tempo", e sarebbe difficile per chiunque darle torto.

Soprattutto non accetta provocazioni quando si arriva allo sgambetto della Bce sulla tassa extraprofitti: "Se ci sono correttivi da fare si possono fare, ma non intendo fare una marcia indietro". Dichiarazione che ognuno può interpretare a modo suo. In politica, si sa, le retromarce non esistono. Ci sono solo modifiche, a volte tanto profonde da somigliare all’inversione di marcia in tutto, tranne che nel nome. Meloni assicura che non sarà così: "Le faremo solo a parità di gettito". Uguale a cosa non si capisce, essendo quella cifra ballerina cambiata più volte nelle ultime settimane: "Qualcosa di meno di tre miliardi". Per capire se si tratterà di un ritocco o di uno svuotamento dall’interno bisognerà aspettare la conversione in Aula, anche se nella tenaglia composta da Bce e FI sarà impossibile evitare di esentare dalla tassa le piccole banche.

Ma specifico problema a parte, resta chiara una divaricazione all’interno della maggioranza destinata a crescere mano a mano che le elezioni europee si avvicineranno. Per Salvini la guerra con l’Europa è manna dal cielo, per Giorgia veleno letale. Finché si tratta di bastonare l’opposizione o di promettere fondi, riforme e prodigi vari l’accordo è completo, quando si passa agli orizzonti politici il quadro è diametralmente opposto.