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La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in un messaggio alla convention dei conservatori di Washington (Ansa)
Pontiera tra Europa e America o "vassalla" di Trump? Il silenzio rotto ieri da Giorgia Meloni doveva una risposta alla sua destra, all’Italia e alla Ue. La premier doveva cioè sciogliere il nodo di tre contraddizioni: l’essere una solida atlantista, senza rompere l’asse con un Trump picconatore di Nato e commerci, restare ferrea sostenitrice di Kiev mentre il neo imperialismo Usa salva Putin, richiamare i valori di una destra pro (e non anti) sistema quando i saluti romani di Bannon e Musk – favorevoli all’AfD assieme a Salvini – scattano quasi come riflessi pavloviani ed evocano, qui, in un’Europa bella addormentata nella rendita e nei diritti post bellici, i momenti più bui della sua stessa storia. Tutto questo era in gioco, ieri. Non poco: la capacità di ambire al ruolo di statista.
Meloni aveva già dimostrato di mettere l’Italia first difendendo Mattarella dalle minacce russe. Ora, dopo il videocollegamento con il vertice dei conservatori, possiamo dire che sia riuscita a sciogliere tutti i nodi? In parte. Perché Meloni ha sì parlato di "brutale aggressione dell’Ucraina", spiegando al popolo Maga che occorre stare dalla parte della libertà. Ha sì rivendicato le radici dell’identità occidentale per cui "devono essere orgogliosi sia gli europei sia gli americani". Ma ha ribadito l’assoluta dipendenza dall’America, chiedendole in sostanza di non abbandonare un’Europa "debole per gli errori fatti". Una realpolitik che rilancia il ponte tra le sponde dell’Atlantico perché non abbiamo scelta, ma che non tiene conto di come la linea Trump (dazi, affari nell’Artico, filo Putinismo) danneggi tanto, anche. Infine, non ha avuto il coraggio di fare quello che ha fatto il lepenista Bardella quando da detto "alt" agli echi filonazisti. Così scegliendo di spezzare l’iter di una destra moderna che lei stessa aveva confermato il 27 gennaio ammettendo le "complicità fasciste" con il nazismo, e, ancora prima, quando chiese ai dirigenti FdI di non "riportare indietro" il partito.