Roma, 17 giugno 2024 – È Elisabetta Belloni, diplomatica dal 2021 a capo dei servizi segreti, la candidata di Giorgia Meloni per il posto al sole nell’Europa che conta. Non è un caso che il lavoro della dirigente di palazzo Chigi in occasione del G7 di Borgo Egnazia sia stato largamente citato e valorizzato anche a mezzo stampa. Appunto in considerazione delle doti diplomatiche e la stretta fedeltà atlantica dimostrate dal governo italiano in occasione non solo del G7, ma sulla guerra russo-ucraina e nei vertici e gli accordi bilaterali, il posto a cui guarda la premier per Belloni è quello di Alto rappresentante per gli affari esteri e la sicurezza.
L’incarico vede in pole position nei pronostici la premier estone Kaja Kallas, in funzione anti-russa. Ma sembra ottemperare perfettamente alla richiesta di riconoscimento del "ruolo che spetta all’Italia in termini di competenze e commissari" avanzata da Meloni. Anche nella misura in cui lega a doppio filo alla lealtà Nato espressamente, desiderata dalla premier, ma su cui l’Europa diffida ancora, specie in relazione agli alleati leghisti.
Si vociferava che l’Italia volesse un commissario economico con un portafogli gonfio, dopo Paolo Gentiloni all’Economia. Ma non ci sono molte figure da spendere. Antonio Tajani avrebbe senz’altro il profilo adatto, ma si è già chiamato fuori da incarichi europei. E anche il nome di Raffaele Fitto sta sempre più perdendo quota. Belloni Alto rappresentante è quindi la carta migliore. In subordine Meloni cercherà di ottenere per la diplomatica un altro commissariato con la vicepresidenza.
Se ne comincerà a discutere nella cena informale dei capi di stato e di governo di questa sera a Bruxelles. Poi le decisioni, a cominciare dall’indicazione della candidatura alla presidenza della Commissione, dovrebbero essere formalizzate nel Consiglio del 27 e 28 giugno. Questo almeno sarebbe l’intendimento del presidente francese Macron e del cancelliere tedesco Scholz che, insieme al premier spagnolo Sancez, adempie anche al ruolo di emissario del Pse; mentre per il Ppe trattano il premier polacco Tusk e il greco Mitsotakis.
Un’accelerazione che dovrebbe portare alla conferma di Ursula von der Leyen, con proprio Mitsotaskis come principale outsider, per andare poi al voto del parlamento nella sessione che si apre il 16 luglio. Considerata la presenza fisiologica di un 10% di franchi tiratori, i 400 voti di Ppe, Pse e liberali non garantiscono la maggioranza a von der Leyen. Di qui l’esigenza di allargare a sinistra a una parte dei verdi e a destra ai conservatori di Meloni.
La tempistica rischia però di scombinare i giochi, in particolare ai due avversari Macron e Meloni. Perché il 30 giugno e il 7 luglio si votano le legislative francesi, che potrebbero essere vinte dal Rassemblemant national di Marine Le Pen e Jordan Bardella. Macron a maggior ragione vuole tirare diritto, visto che comunque rimane lui a rappresentare la Francia fino al 2027. Ma una vittoria della desta potrebbe suggerire ai popolari di cominciare a distendere i rapporti. Se invece Meloni si affrettasse a scegliere e votare von der Leyen ma poi Le Pen vincesse in Francia, la premier italiana rischierebbe di rimanere isolata tra i conservatori a far stampella alla Commissione, con gli alleati del Pis pronti a cedere alla sirene di Orban e Le Pen per un gruppo unico delle destre con le Identità. Anche se in vero proprio la leader del Rn avrebbe necessità di affrettarsi a accreditarsi in Europa sulla scorta di Meloni.