di Claudia Marin
MANDURIA (Taranto)
L’Agenda Meloni della Masseria Li Reni, scritta sulla scorta delle domande dell’intervista pubblica condotta dal padrone di casa, Bruno Vespa, comincia dalla tragedia della povera Giulia Tramontano ("Sono scioccata, da madre ho chiamato la mamma di Giulia") ma passa a stretto giro al nuovo Patto europeo sui migranti siglato nella notte ("Fatti passi avanti"), al Mes ("Uno stigma che non vogliamo") e alla riforma del Patto di Stabilità ("Non mi convince"), all’Ucraina ("Resteremo al fianco di Zelensky fino alla fine") e alle riforme. Ma, al dunque, quando nessuno in fondo se l’aspettava, ecco un affondo a freddo, calcolato, e netto contro le accuse di autoritarismo di Elly Schlein. È un affondo diretto che non passa inosservato né nella platea pugliese né, a molti chilometri di dilatanza, a largo del Nazareno a Roma, dove la leader del Pd, alla fine della riunione con i suoi, decide di contrattaccare: "Meloni? Si preoccupi del Paese, prima che ci porti a sbattere".
E così il fair play tra le due donne della politica italiana di questa stagione, dispiegato diffusamente fino a ieri, evapora di fronte ai nuovi toni della premier e della segretaria dem. Fino a far ingiallire e dimenticare rapidamente l’immagine del quasi-abbraccio a Palazzo Chigi nel primo incontro ufficiale di qualche mese fa. E, del resto, non a caso, tra gli osservatori in Masseria e fuori c’è chi parla del primo atto della lunga competizione che arriverà fino a giugno dell’anno prossimo, al voto europeo.
È una Giorgia Meloni a tutto campo quella che risponde alla raffica di domande di Vespa dal palco allestito nei giardini della residenza della famiglia Vespa in terra di Puglia, per tre giorni forum di seminari e dibattiti senza sosta, con la presenza di ben nove ministri. Una kermesse che ha come momento clou il colloquio pubblico con la premier, arrivata la sera prima per la cena e rimasta ospite nella notte nella casetta-suite della Masseria, l’Imperiale. Davanti a una platea per le grandi occasioni, con manager privati e pubblici in prima fila, la Meloni parte dall’omicidio di Giulia e del suo bambino. "È una vicenda che m’ha lasciato senza fiato, come la gran parte degli italiani". Il ritorno alla politica nelle domande di Vespa e nelle risposte della premier arriva subito. Nessun cambio di passo sul Mes, per cominciare. "Il Mes – spiega – è uno stigma che ora rischia di tenere bloccare delle risorse. È un tema che sarebbe stupido aprire adesso, per due ragioni: la prima è che non ho cambiato idea sul Mes, ma è una parte di una serie di strumenti che vanno discussi nel loro complesso".
E si intravede immediatamente il nesso o lo scambio con la riforma del Patto di Stabilità: "Non ha senso ratificare la riforma quando non sai cosa prevedono le nuove norme sul Patto di stabilità". Anche se in serata il commissario Ue Paolo Gentiloni lancia un chiaro messaggio: "La Commissione rispetterà qualsiasi decisione del governo italiano, ma se devo ragionare in termini di utilità non sono sicuro che una mancata ratifica del Mes renda l’Italia un Paese più forte, anzi forse è vero il contrario".
A tenere banco è anche il voto sul patto per l’asilo, sottoscritto dall’Italia e respinto da Ungheria e Polonia, la premier sottolinea che "nessuno va spinto per allontanarsi, ma al contrario, per avvicinarsi". Certo è, però, che la distanza da Orban e dai vertici polacchi è nei fatti: "Per quanto riguarda Polonia e Ungheria – insiste – sono democrazie più giovani della nostra. Sì, c’è un lavoro che va fatto per rafforzare quelle democrazie e accompagnarle, e sono pronta a farlo".
Certo è, però, che "lo Stato di diritto rischia un modo per colpire governi distonici rispetto al mainstream". Ed è a questo punto che scatta il j’accuse alla Schlein: "Le critiche di autoritarismo ci arrivano da chi ha impedito al ministro Roccella di parlare. Sono stupita che la segretaria del Pd dica che siamo allergici al dissenso: se confonde il dissenso con l’autoritarismo abbiamo un problema. Escudo che gli italiani credano che siamo in un regime di autoritarismo". Drastica la conclusione. E non è finita: "Se il nuovo corso del Pd è andare dritti sulla strada che li ha portati alla sconfitta elettorale, non sono nessuno per dirgli di cambiare strategia". Passa qualche ora e dal quartier generale del Pd la Schlein non ci sta: "Noi siamo preoccupati dei salari troppo bassi e dei tagli alla sanità, perché lei governa da otto mesi e non spende i miliardi del Pnrr, aumenta la precarietà e smantella i diritti". Dunque: "Sfido Meloni sui fatti. Lei risponda su questi una buona volta, invece di scegliersi anche le domande". La volata verso le europee è cominciata e non è detto che la leader del Nazareno non decida di unirsi a Giuseppe Conte nella mobiluitazione della piazza del 17 giugno.