Giovedì 9 Gennaio 2025
ANTONIO NOTO
Politica

Fiducia, premier perde 10 punti. Elettori Pd sempre più lontani

Ma la metà degli italiani non trova un leader alternativo a Renzi

Una protesta contro la riforma della Scuola (Olycom)

Roma, 19 luglio 2015 - IN ATTESA dei prossimi passaggi su riforma della Rai e unioni civili, la pausa estiva offre l’opportunità di fare un bilancio sul consenso raccolto dal governo negli ultimi mesi. Non desterà grande stupore apprendere che la fiducia nel premier è significativamente calata: nel settembre dello scorso anno si attestava al di sopra del 50%, ad oggi non supera il 40%, secondo i sondaggi dell’Osservatorio Tempo Reale di Ipr Marketing. Il capitale di fiducia di Matteo Renzi è andato in parte disperso quando, alla prova dei fatti, il passo della sua azione di rinnovamento non si è rivelato in linea con il ritmo e la tempistica annunciati. La valutazione dell’esecutivo, diversamente, non ha subito particolari scossoni. Questo non per una particolare uniformità dell’azione amministrativa, ma per la semplice ragione che, fedelmente alla logica del ‘one man show’, i ministri non hanno mai inciso in misura significativa sulla valutazione della stagione renziana. Nel settembre dello scorso anno la fiducia alla squadra era al 30% e da lì non si è praticamente mai mossa. La curva di fiducia nel premier, invece, ha offerto interessanti spunti di analisi, anche relativi al posizionamento politico. Con il trascorrere dei mesi, infatti, la perdita dei consensi di Renzi non ha interessato in misura identica le diverse componenti dell’opinione pubblica. A causa dei frequenti conflitti con le minoranze del partito, la dinamica ha coinvolto con più forza l’area di opinione del Pd, dove infatti solo il 54% degli elettori oggi dichiara di nutrire fiducia nel presidente del Consiglio, mentre immediatamente dopo lo straordinario successo ottenuto alle elezioni europee la percentuale di fiducia tra i democratici era all’80% .

UN ALTRO dato rilevante è che tra gli elettori di Forza Italia i simpatizzanti arrivano al 40%, risultato ampio per essere votanti di un partito di opposizione al premier, insomma è come dire che anche tra i ‘Berluscones’ c’è chi guarda con simpatia Renzi.

I capitoli su cui il governo dimostra di avere accumulato maggiore distanza dall’elettorato riportano all’agenda politico-mediatica recente e chiamano in causa l’economia e la politica estera. Declinate, rispettivamente, nel binomio crescita/fisco e politiche europee/immigrazione. Sul primo versante, l’azione del governo è parsa inefficace in quanto incapace di promuovere un rilancio dell’economia a tassi accettabili.

Parallelamente, si è assistito a una riduzione del carico fiscale del tutto impercettibile o quasi, per il 62% degli italiani, distante, quindi, dalle aspettative suscitate nella primissima fase di governo. Sul secondo versante, invece, si colloca la questione della gestione dei flussi migratori e più in generale quella del peso specifico del nostro Paese in sede comunitaria. A questo proposito, quasi due italiani su tre dichiarano di non avere ravvisato nelle nostre performance quel ruolo da protagonisti e quel cambio di passo che, stando alle parole di Renzi, il semestre di presidenza Ue avrebbe dovuto inaugurare. A riprova di tale marginalità vengono evidenziate la scarsa rilevanza riconosciuta all’Italia in occasione della crisi greca – partita su cui il nostro paese, a parere degli intervistati, non ha avuto molto da dire – e soprattutto della gestione delle politiche migratorie. Con riferimento a questo specifico tema, vale la pena di sottolineare che solo il 30% è soddisfatto dell’operato del presidente del Consiglio, ritenuto poco autorevole e incisivo.

ESISTONO però anche delle aperture di credito. È il caso, ad esempio, del lavoro. In questo ambito il 60% degli italiani, pur non registrando grandi segnali di cambiamento attraverso la propria esperienza diretta, pensa che l’impegno del premier vada comunque preso sul serio e che possa essere valutato solo entro un orizzonte temporale più lungo. Ed è il tempo, con ogni probabilità, la carta decisiva nelle mani di Matteo Renzi. Quello a cui fa rifermento l’ultimo dato offerto dai sondaggi condotti da Ipr. Il tempo che un italiano su due in questo momento è pronto a concedere al premier in assenza di alternative valide. Fintanto che l’opposizione non si sarà riorganizzata attorno alla figura di un antagonista forte e riconosciuto. Finchè la parte più riottosa del Pd non sarà riuscita a elaborare una proposta politica alternativa, attorno a una leadership competitiva. Fino a quel momento i margini di manovra resteranno ridotti, e lo scetticismo attorno alla guida renziana difficilmente saprà tradursi in un concreto impulso al cambiamento, visto che per il 56% degli italiani al momento manca una alternativa valida a Renzi.