Senatore, sotto l’ombrellone quest’estate si discute del suo riavvicinamento con il Pd ed Elly Schlein. Nel centrosinistra però ci sono tanti antirenziani. Sicuro di farcela?
"Schlein ha detto al Pd: basta veti. Vediamo se i suoi alleati la seguiranno. Chi conosce la politica sa che Giorgia Meloni non ha i numeri, non ha la maggioranza degli italiani. Ha vinto solo perché l’opposizione era divisa, grazie ai veti reciproci. Ora se ci mettiamo d’accordo su dieci cose da fare per l’Italia, la maggioranza numerica che è contro Meloni diventa una maggioranza politica per il futuro dell’Italia".
A inizio luglio in molti davano Matteo Renzi per archiviato dopo le elezioni (l’obiettivo mancato delle Europee e la batosta nella sua Firenze) e invece eccolo ’in campo’ con Elly e i suoi ex amici-nemici dem e ancora al centro del dibattito politico.
Renzi, sarà un patto anti-destra modello francese o c’è spazio per costruire un programma condiviso?
"Se fosse solo un patto anti-destra, non avrebbe senso. Non si fa politica contro gli altri. Serve un contratto alla tedesca dove su ciascun punto si fa un accordo preciso, puntuale, concreto. Quindi se non c’è il programma condiviso, non c’è la coalizione".
Secondo alcuni, Italia viva porta pochi voti e quindi non c’è motivo per fare un’alleanza con voi.
"Sono orgoglioso dello straordinario risultato di preferenze personali che ho preso. Ma al di là di me: queste elezioni si giocheranno al massimo su un milione di voti. Chi sta al centro, come Italia viva, ha un consenso border line che vale doppio perché è tolto agli avversari moderati dell’altro campo. Dunque non so se sono pochi o tanti. So che i nostri sono decisivi. E lo abbiamo visto anche in alcune regioni come la Basilicata. Chi vuole vincere allarga la coalizione, chi vuole perdere mette i veti".
Conte non sta certo festeggiando per averla dentro una coalizione e nemmeno Avs sembra essere troppo felice. Come la mettiamo?
"Parliamoci chiaro. Se il problema riguarda il passato, mi tengo le mie idee e non cambio certo opinione sull’operazione Mario Draghi. Come non cambio idea rispetto all’aver mandato a casa Salvini nel 2019 o all’aver voluto Mattarella al Quirinale. Il passato ci divide. E con Conte ci dividono anche molti temi di politica estera, dal Venezuela alla Russia. Ma se vogliamo creare un’alternativa di governo dobbiamo parlare di futuro, non di passato".
A proposito di politica estera, Kamala Harris ha scelto come suo vice il governatore del Minnesota, Walz. Trump rischia davvero di essere sconfitto?
"Me lo auguro. Se avesse corso Biden, oggi la partita sarebbe già chiusa. Ma la scelta del presidente di farsi da parte e far correre Kamala può essere la svolta. Viviamo tempi difficili tra Russia, Iran, Venezuela: la partita per la Casa Bianca è cruciale su tutti i dossier".
Il governo italiano che ruolo gioca in politica estera?
"Meloni fa i post sul pugilato con lo stesso metodo con cui interviene sul pandoro della Ferragni: Giorgia è una influencer, non una statista. E per lei è importante prendere i like. Ma sullo scenario internazionale l’Italia non conta più niente, purtroppo. Nel medagliere della politica estera da quando c’è Tajani non vinciamo più nessun oro. Non tocchiamo palla, insomma. Peccato, la Farnesina era una grande scuola".
Torniamo al centrosinistra, dopo la sua apertura Dario Nardella ha storto il naso rispetto al suo ingresso e ha parlato di rispetto dell’etica pubblica. Condivide i paletti di Conte, dice. Come se lo spiega?
"Che Nardella la pensi come Conte non è una novità. Non conosco bene Conte, ma conosco molto bene Nardella: se Dario vuole un dibattito con me sull’etica pubblica, e io aggiungo sull’etica privata, non ha che da dirmi dove e quando. Lo facciamo in streaming. Penso che ci divertiremmo molto".
Dopo le elezioni dentro Iv c’è fermento tanto che lei ha voluto rispondere via mail ai suoi. Ha tracciato la strada e dato una strigliata: per essere leader servono i voti, ha detto.
"Mi sembra giusto che si discuta. Ho scelto una strada difficile ed è legittimo che ci siano incertezze anche in una parte della base. Per adesso si sono detti contrari un parlamentare su sedici e un consigliere regionale su diciannove. A tutti quelli che hanno dubbi ho detto: venite in assemblea e discutiamo. E nel frattempo a quelli dell’Emilia-Romagna ho chiesto di candidarsi alle prossime elezioni regionali. Perché i dirigenti politici sono tali se prendono voti, non se fanno tweet".
Si vota in Emilia-Romagna, Piemonte e Umbria. Un banco di prova per la nuova alleanza?
"Vedremo se sarà possibile un accordo sui contenuti e senza veti. Noi ci siamo, vedremo gli altri".
Campo largo anche in Toscana. Giani bis sì o no?
"Stiamo lavorando con Eugenio con cui ci siamo presentati insieme alle elezioni e abbiamo vinto. Se il Pd ha dei dubbi su di lui ce lo farà sapere".