Roma, 17 novembre 2024 – “Sarebbe stato preferibile scrivere una norma ad hoc”. Per Alberto Gambino, docente di Diritto Privato e componente del Comitato Nazionale di bioetica, la semplice modifica dell’articolo 12 della legge 40 del 19 febbraio 2004 – che rende la gestazione per altri un reato universale – rischia di non essere sufficiente a contrastare efficacemente il fenomeno del turismo procreativo della surrogazione.
Con l’entrata in vigore della legge Varchi cosa succederà agli italiani che faranno ricorso alla Gpa?
“La notizia del reato deve arrivare a una Procura che, a quel punto, può decidere di aprire un fascicolo. Fascicolo che, verosimilmente, finirà in fondo alla lunga pila presente sulla scrivania del pubblico ministero. Trattandosi di una pena particolarmente bassa è, infatti, probabile che il pm dia la precedenza a reati con pene molto più alte. Questo è un vulnus”.
È facile dunque che tali reati vengano prescritti?
“Sono fascicoli destinati ad aspettare per essere aperti. E se si aspetta a un certo punto il reato si prescrive. Io avrei reso questa legge più aspra nella pena perché con una pena così esigua è strano che il reato si persegua all’estero. Normalmente i reati universali – penso, ad esempio, al traffico di minori o alla prostituzione minorile – hanno una sanzione molto più alta. Si tratterà di capire se le procure verranno informate e se ci saranno pm particolarmente sensibili al tema da anteporre questi casi agli altri”.
Adesso all’atto della registrazione dei bambini ci sarà il dovere da parte dei Comuni di informare le Procure?
“Mentre prima si cercava di registrare i bambini ammettendo il ricorso alla Gpa, da adesso in poi, immagino, ci sarà riluttanza a dire esplicitamente all’ufficiale di stato civile che il bambino è stato procreato attraverso la Gpa. Di fronte a una notizia di reato il pubblico ufficiale che raccoglie la registrazione ha il dovere di trasmettere gli atti in Procura”.
Sarà possibile, aggirando la legge, far rientrare in Italia bambini nati con Gpa?
“L’uomo, se è il padre biologico, dovrà dimostrare che il bambino è suo figlio attraverso l’esame del dna. Cosa che non è possibile per le donne”.
Per le donne non è possibile il riconoscimento del figlio attraverso l’esame del dna?
“Il riconoscimento della maternità genetica ad oggi non è disciplinato nel nostro Paese. Per l’ordinamento civile italiano la madre è sempre la partoriente e la donna che ha messo il gamete non può rivendicare il bambino”.
Nel momento in cui la notizia arriva alla Procura e si apre il fascicolo, il bambino che fine fa?
“Siccome la mamma che l’ha partorito lo ha tecnicamente abbandonato quel bambino o rimane con il padre biologico oppure viene dichiarato adottabile. Se nella coppia nessuno dei due è il genitore naturale del bambino, quel bambino viene considerato in stato di abbandono e quindi adottabile. Ma, se il fatto emerge dopo alcuni anni, generalmente si ritiene che sia interesse del minore non essere sradicato dalla coppia con cui è cresciuto”.