Il Conte Max, al secolo Massimo D’Alema, è sempre di rientro, come certi cervelli. Basta rileggersi qualche sua intervista (la letteratura è copiosa); nell’attacco del pezzo c’è di solito scritto che è appena tornato da qualche località, da qualche viaggio all’estero per conferenze e consulenze. Un modo per far intuire al lettore che lui la vita politica italiana la osserva da lontano, con divertito distacco. Il viaggio è una condizione esistenziale della sinistra; d’altronde, c’era quello che un tempo sognava l’Africa e c’è D’Alema, indagato e perquisito dalla Digos ieri, che sogna la Colombia. Insieme a lui, ritenuto dall’accusa il mediatore informale, anche un paio di broker pugliesi che D’Alema avrebbe cercato – dice la Procura di Napoli – di mettere in contatto con Leonardo e Fincantieri per finalizzare una compravendita di navi e aerei. Sapere che aria tiri fra i dalemiani, compresi gli ex, è difficile visto che nessuno emette un suono.
D’Alema ne aveva parlato nel 2022 su Repubblica , spiegando, anzitutto, di non essere più parlamentare dal 2013 (e anche qui siamo in zona "sono appena rientrato da…" Marte) e di essere un libero pensatore ma anche un libero mediatore che media per conto delle aziende italiane – italiane, attenzione, precisa sempre il Conte Max, non come quel russofilo di Gerhard Schröder – all’estero. Spiegò: "Il mio lavoro è quello di consulenza strategica, relazioni, ma non sono uno che va a fare mediazione di vendita. Con la mia professione cerco di sostenere anche le imprese italiane all’estero. Spero non sia un reato".
D’Alema insomma lavora per tutti, anzi per il Sistema Italia, come si direbbe con una formula luogocomunista. Quando c’è un problema, interviene lui, tipo Mr. Wolf di Pulp Fiction. Come quando nel 2021, a marzo, nel pieno della pandemia, D’Alema si adoperò per recuperare dei ventilatori "in virtù delle mie buone relazioni internazionali coi cinesi" (Corriere della Sera, aprile 2021). "Il problema era che lo Stato italiano poteva pagare alla consegna mentre i cinesi chiedevano che si saldasse al momento dell’ordine", ha spiegato l’ex presidente del Consiglio ed ex ministro degli Esteri: "Un’associazione internazionale, di cui faccio parte, si fece carico di comprare questi ventilatori per conto del governo italiano, anticipando di fatto i soldi".
Peccato però: quei ventilatori, pagati 2,6 milioni di euro, sono stati ritirati dalla Regione Lazio perché privi del marchio CE. Peraltro non s’è mai capito neanche se funzionassero per davvero, ma stendiamo il solito velo pietoso. "Ritengo che chi si è attivato per il nostro Paese vada ringraziato; per quanto mi riguarda, ho solo messo in contatto le due parti", spiegò D’Alema il consulente. Per aiutare il Sistema Italia, va da sé.