Roma, 30 ottobre 2024 – Botte da orbi contro i nemici di turno. In casa Vespa, ambiente più che amichevole su Raiuno, Giorgia Meloni si rilassa e prende di mira le bestie nere del momento. I sindacati prima di tutto: “C’è pregiudizio da parte di Cgil e Uil”. Suvvia, spiega, nella legge finanziaria “c’è tutto quello che chiedevano: la riduzione del precariato, l’aumento dei salari con il cuneo, l’aumento dell’occupazione”. Ci sono pure più soldi per la sanità (“c’è un aumento di spesa pro capite di 398 euro”, dice pasticciando un po’ a fare i conti) e il contributo delle banche. E dunque, “se dopo tutto questo, fanno lo sciopero generale ancora prima di incontrare il governo sulla manovra, non stiamo sul merito”.
Prevenuti i sindacati, e figurarsi i magistrati che attentano al capolavoro albanese: “Le argomentazioni con cui il Tribunale di Bologna chiede alla Corte di giustizia europea l’autorizzazione a disapplicare l’ennesima legge in Italia ha il sapore di un volantino propagandistico”. Non molla sul punto: “L’argomento della Germania nazista è debole sul piano giuridico”. Ma, per alcuni, si tratta di impedire “lo stop all’immigrazione irregolare”. Quindi, la butta sul sarcasmo: “Di questo passo, sarò io a dire che gli immigrati non possono sbarcare perché l’Italia non è un paese sicuro”. Quando indossa i panni della vittima, forse esagera in drammatizzazione: “È la prima volta che i trafficanti di essere umani mi hanno minacciata di morte”.
Con la minoranza, invece, nonostante la corona d’alloro ligure, la presidente del consiglio non calca troppo il colpo. Certo, canta vittoria: “Da quando c’è questo governo abbiamo votato in 12 tra Regioni e Province autonome ed è finita 11 a 1 per il centrodestra, alle Europee ha prevalso il centrodestra... Insomma, un’idea su quale sia la maggioranza nazionale ce la siamo fatta”. Però non si abbandona al sarcasmo, probabilmente anche perché in questo momento del Pd ha bisogno: Raffaele Fitto attende il test delle audizioni al Parlamento europeo per la conferma del suo incarico come commissario e vicepresidente: “Tutti capiscono che è un valore aggiunto: spero che i rappresentanti italiano ci diano una mano”. Sprezzante sì, ma senza esagerare perché nonostante i toni spavaldi quello che la premier sta chiedendo a Elly è di non girarsi dall’altra parte: “Il partito socialista non accetta che l’Italia abbia una vicepresidenza: il Pd dovrebbe farsi sentire di più”, perché “io escludo che quella sia anche la sua posizione, e ritengo che il Pse non possa prendere una posizione sul commissario italiano senza sentire la delegazione italiana”.
Sulle riforme, va da sé, Giorgia assicura che non arretrerà: “Sono convinta che il premierato sia la madre di tutte le riforme”. In realtà un cambiamento di strategia c’è stato: se la separazione delle carriere ha sorpassato per urgenza il premierato dipende certo da molti fattori, inclusa la paura di cambiare la legge elettorale, ma dipende molto anche dall’intenzione di dare una lezione ai togati. Il sorriso in casa Vespa non tragga in inganno: la premier è furibonda. Più che la separazione delle carriere in sé è lo scontro referendario che, per i caratteri generali che inevitabilmente assumerebbe può rappresentare lo showdown finale. Il guardasigilli, Carlo Nordio, lo invoca apertamente: “A me interessa che ci sia al più presto la doppia lettura, l’obiettivo è il prossimo luglio, poi se non c’è la maggioranza qualificata si andrà a referendum. Anzi, su una materia delicata e controversa come questa ritengo giusto personalmente, anzi preferirei, che si pronuncino gli elettori e che sia quindi sottoposta a referendum”. Meloni conferma: “Siamo pronti per tutte le consultazioni”.
Su un cavallo di battaglia di sempre, i dossier, lei è sobria: “In Italia c’è un mercato delle informazioni. Si entra nelle banche dati, si rubano informazioni e si vendono. Si deve mettere fine a questo schifo”. Ma più che agli hacker mira ai funzionari infedeli “è inaccettabile che chi deve proteggere una banca data la violi” e ai superiori che dovrebbero sorvegliarli “e invece non si accorgono di migliaia di accessi abusivi”. Contromisure erano già state prese, ricorda, con un primo decreto legge cui seguiranno “altre iniziative” sulle quali è al lavoro “un tavolo tecnico ad hoc”. C’è un ulteriore problemino di qui a una settimana che potrebbe cambiare tutto negli Usa e nel mondo. Anche per Giorgia l’eventuale vittoria di Donald Trump sarebbe un colpo pesante dati gli ottimi rapporti che aveva creato con Biden e tutta la sua amministrazione vicepresidente e candidata inclusa: “Non sono preoccupata, i rapporti non cambieranno dopo le elezioni”. E in ogni caso, niente paura: i rapporti si ricuciranno, Salvini sta lì apposta ed Elon Musk pure.