Lunedì 15 Luglio 2024
BRUNO MIRANTE
Politica

Magistrati, Luigi Manconi: "Sì alla separazione delle carriere"

"Una misura necessaria, anche se non determinante"

Roma, 13 luglio 2024 – Luigi Manconi , già docente di Sociologia dei fenomeni politici e presidente della Commissione per la tutela dei diritti umani del Senato.

Riforma della giustizia, è favorevole o contrario alla separazione delle carriere dei magistrati?

"Io sono, come si dice nel linguaggio diplomatico, sommessamente d’accordo sulla separazione delle carriere. Uso questo avverbio perché penso che sia una misura necessaria, anche se non la ritengo determinante".

Luigi Manconi
Luigi Manconi

Si spieghi meglio.

"Credo cioè che quella separazione, certamente utile, debba essere accompagnata da un insieme di riforme che purtroppo non si vedono all’orizzonte".

Vale per tutto il ddl Nordio?

"Stesso ragionamento sì. Anche in questo caso sono favorevole, ma considero quelle misure poco incisive, incapaci di introdurre novità davvero significative".

Quali la convincono e quali no?

"Sono d’accordo certamente sull’abolizione dell’abuso d’ufficio come peraltro richiesto dalla grande maggioranza dei sindaci di centrosinistra. Sono favorevole ai limiti posti alla pubblicazione delle intercettazioni telefoniche e ritengo utile che si eserciti un maggiore controllo sull’adozione della custodia cautelare. Anche se non ritengo che questa che è una riforma urgente, molto urgente, si risolva semplicemente ampliando il numero di magistrati che assumono la decisione della privazione della libertà per l’indagato".

Come si dovrebbe intervenire?

"In Italia, all’interno della popolazione detenuta, la componente rappresentata da persone in attesa di giudizio oscilla tra il 25% e il 30%, mentre nei Paesi simili al nostro, quella percentuale è intorno al 15%. Questo vuol dire che quanto previsto dal nostro codice, cioè la sussistenza delle famose tre condizioni, quindi il rischio di reiterazione del reato, l’alterazione delle prove e il pericolo di fuga, viene considerata con troppa superficialità e troppo spesso in maniera arbitraria. D’altra parte, ricordo che una riforma essenziale, come la totale digitalizzazione del sistema, è tutt’altro che compiuta".

Il suo è un giudizio sull’azione di governo in merito alla giustizia?

"In questi primi 20 mesi sono state introdotte o stanno per essere introdotte nel nostro ordinamento ben 17 nuove fattispecie penali".

Ne bastavano meno, a suo parere.

"C’è stato un incremento abnorme delle pene relative a un numero molto ampio di reati. Fino ad alcune manifestazioni grottesche di furia punizionista come l’aggravante prevista per i reati commessi all’interno o nei pressi delle stazioni ferroviarie o di autobus. Una sorta di panpenalismo toponomastico che valuta l’entità della pena sulla base delle circostanze di luogo nel quale quel reato viene commesso. Il ministro Nordio è stato uno dei presidenti delle commissioni per la riforma del Codice penale che si sono susseguite nel corso degli ultimi 35 anni. Con grande saggezza politica, queste commissioni alternavano alla presidenza eminenti giuristi di centrodestra e di centrosinistra e, tutte, senza eccezioni hanno indicato quale dovesse essere la strada maestra di una riforma della giustizia: de-penalizzazione e de-carcerizzazione. Con il governo Meloni si è andati nella direzione esattamente opposta".

Lei si è occupato spesso di detenzione e della condizione de detenuti.

"E su questo punto mi pare che nulla, ma proprio nulla, sia stato realizzato per affrontare l’emergenza delle carceri. L’intera amministrazione della giustizia precipita proprio lì, nelle celle, dove si concentrano tutte le contraddizioni. Lì dove l’iniquità diventa violazione dei diritti umani e tragedia collettiva. Questo governo non ha avuto la sensibilità di adottare una sola misura".