Roma, 15 giugno 2024 – La tensione e il gelo con Emmanuel Macron sono la cicatrice su un G7 che altrimenti sarebbe stato per Giorgia Meloni un successo senza ombre. Comprensibile dunque l’irritazione estrema che regna a Roma nei confronti dell’inquilino dell’Eliseo. Resta da chiarire quanto di questa tensione sia legata al quadro interno francese, cioè al prossimo voto. Ne parliamo con il politologo e arabista Gilles Kepel.
Professore, l’improvviso peggioramento dei rapporti tra Roma e Parigi è una conseguenza della prova elettorale importantissima che aspetta Macron?
"No. I rapporti tra Francia e Italia sono sempre complicati. C’è disprezzo e gelosia tra le due ’sorelle latine’. Da un lato, l’Italia considera la Francia un Paese che si muove oltre il suo peso, dall’altro c’è l’incomprensione culturale francese verso di voi. Ma questo è un problema enorme, perché abbiamo molti interessi comuni. A partire da quello del controllo dei flussi migratori, fenomeno che, come cittadino di Mentone, mi riguarda da vicino".
In ogni caso, il conflitto tra Macron e la destra europea è palese. Ritiene che sia stata una mossa saggia sciogliere l’Assemblea nazionale?
"Intanto, la sua mossa ha rimescolato le carte. Ora c’è un’alleanza tra l’estrema destra e parte della destra tradizionale. E io penso che un pezzo dell’elettorato moderato di destra voterà per Rassemblement National perché dall’altra parte è apparso il fronte popolare della sinistra, che va dall’ala estrema fino al partito socialista. Macron spera che, dopo l’ebrezza delle Europee, gli elettori si rendano conto che l’estrema destra metterà in ginocchio la Francia. Entrambi i blocchi, tra l’altro, sono controllati dai partiti più estremi: la sinistra da Mélenchon, la destra da Le Pen".
Insomma: l’Europa non è minacciata solo dalla destra ma anche dall’estrema sinistra.
"In realtà, l’estrema sinistra ha messo molta acqua nel vino del suo programma, come del resto ha fatto l’estrema destra. Per farsi accettare, entrambi i fronti hanno bisogno anche del consenso europeo. Questi due blocchi hanno delle similitudini: parlano alla Francia più povera, quella più colpita dalla trasformazioni del capitalismo post-industriale. Se la destra si rivolge ad un elettorato ’francese’, la sinistra parla soprattutto alla popolazione figlia di immigrati".
E Macron in tutto questo?
"Cerca di mettere paura. Punta sul fatto che nessuno di questi blocchi può governare da solo. Mettiamola così: dividendo l’elettorato in cinque parti, due elettori su cinque votano a destra, altri due votano a sinistra e il centro diventa l’ago della bilancia. Poi, come ho detto, Macron spera che i francesi si sveglino prima di votare, nella consapevolezza che tanto i programmi di destra quanto quelli di sinistra sono quasi impossibili da applicare".
Le Pen ha annunciato che se vince farà un governo di unità nazionale.
"Dichiarazione che ha l’obiettivo di non far paura. Il problema della Francia è che le Europee sono percepite come elezioni che non hanno importanza politica. Una sorta di sondaggio sulla soddisfazione dei francesi sul governo. Tra due settimane, al contrario, tutti sanno che in gioco c’è molto di più di questo. Non è un caso se tanto Le Pen quanto Mélenchon cercano di allargarsi al centro".
Anche da noi le elezioni si vincono al centro. Professore, la situazione della Francia ricorda quella dell’Italia o ci sono differenze sostanziali?
"La dinamica è simile. Basti pensare che all’epoca del governo Salvini-5 Stelle il modello della destra era Salvini, ora invece si guarda verso Meloni e la capacità della premier di mettere al centro la sua agenda. Però in Italia la burocrazia ha conservato un ruolo importante e, soprattutto, il presidente della Repubblica in Italia ha un ruolo protocollare, in Francia ha un ruolo sovrano molto importante. Ha la capacità di impedire che un governo che non è del suo stesso colore faccia cose che lui non vuole, specie in politica estera".