Roma, 26 novembre 2024 – Segretario Sbarra, venerdì Cgil e Uil scioperano contro la manovra. Anche questa volta voi non ci sarete. Vi accusano di essere diventati troppo filogovernativi.
“Siamo stati sempre del tutto autonomi dai governi – esordisce Luigi Sbarra, numero uno della Cisl –. La nostra storia lo dimostra chiaramente. E da sempre guardiamo allo sciopero come allo strumento di extrema ratio, una scelta anche dolorosa, perché implica il fallimento del momento negoziale e sacrifici per i lavoratori. Lo sciopero rimane uno strumento sindacale, finalizzato a portare risultati tangibili per le persone e non a esprimere opposizione a un governo o a un’area politica. In questo quadro, quando il dialogo si spezza siamo i primi a scendere in piazza: basta guardare alle mobilitazioni delle scorse settimane su Tpl, automotive e il suo indotto".
Quali rischi corre il sindacato con un eccesso di scioperi?
"Usare la mobilitazione generale in modo compulsivo, oltre ad allontanare le persone dal sindacato, porta a toni sempre più alti e a un clima sempre più irrespirabile nei luoghi di lavoro e nelle comunità. Uno schema sbagliato, che crea disagio tra lavoratori e cittadini, infuoca inutilmente le relazioni industriali, allontana il mondo del lavoro dai luoghi di decisione”.
Ritiene, dunque, che i continui fermi che penalizzano i cittadini possano creare un rischio di inasprimento della legge sugli scioperi come minaccia il ministro Salvini?
"Il movimento dei lavoratori, e tanto più il sindacalismo confederale, non può essere schiacciato e ridotto a una funzione movimentista e protestataria. Il no di rito, l’opposizione ‘per partito preso’, il continuo scaricare costi e sacrifici sui lavoratori attraverso gli scioperi sono elementi che alla lunga compromettono il rapporto con le persone che si dovrebbero rappresentare attraverso un esercizio di responsabilità ai tavoli. I cittadini, i lavoratori e i pensionati vogliono un sindacato capace di assumersi responsabilità nelle trattative, fin quando c’è un confronto. La via maestra è quella della contrattazione, della concertazione e della partecipazione. Altrimenti si corre il rischio dell’irrilevanza o quello di fare il gioco di chi ci vorrebbe trasformare in soggetti apparentemente rumorosi, ma di fatto deboli e imbelli”.
Pensa, insomma, che questo sciopero sia politico e che ci sia un atteggiamento pregiudiziale degli altri sindacati nei confronti del governo?
"Chiedo a lei: da quattro anni a questa parte un pezzo di sindacato italiano proclama scioperi generali. Significa o che abbiamo sindacalisti poco efficaci ai tavoli nelle fasi di confronto sociale oppure – forse – che c’è un approccio preconcetto e pregiudiziale verso determinate maggioranze. Nell’uno e nell’altro caso, io vedo un problema nella qualità della rappresentanza di queste sigle. Poi è chiaro, massimo rispetto per le scelte altrui anche se non condividiamo”.
Stando ai tavoli, invece, che cosa ha prodotto il dialogo con il governo?
"La manovra presenta tanti elementi coerenti con quanto rivendicato dalla Cisl, e non solo, in questi mesi. Penso al taglio strutturale del cuneo e all’accorpamento delle aliquote per i primi scaglioni Irpef, al ripristino della piena indicizzazione delle pensioni, al sostegno alla famiglia ed alla natalità, all’aumento delle risorse sulla sanità, che pure vanno ulteriormente incrementate. E poi alla proroga della detassazione sui premi di risultato, alle nuove risorse per rinnovare i contratti pubblici per i cicli 25-27 e 28-30, ai finanziamenti per la Zes unica al Sud. Ora dobbiamo lavorare per migliorare ulteriormente i contenuti. E dobbiamo farlo senza sventolare bandiere general-generiche o alzando barricate su temi che nulla hanno a che fare con la manovra”.
Quali ulteriori correzioni chiederete di fare?
"Bisogna tornare indietro sulla riduzione degli organici scolastici, sul blocco del turnover nella PA, elevare le pensioni minime, sostenere la non autosufficienza e potenziare le risorse sanitarie. Occorre inoltre ristabilire le risorse per il fondo Automotive e aumentare le risorse per il Mezzogiorno, dopo lo stop dell’Europa a Decontribuzione Sud. Altra questione fondamentale, che stiamo ponendo da tempo: tagliare le tasse al ceto medio attraverso la riduzione della aliquota Irpef dal 35 al 33%, elevando lo scaglione sino a 60mila euro”.