Martedì 12 Novembre 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

L’opposizione fa muro ma è divisa. Pd e M5s: nessun dialogo possibile

Letta: "Conservatori ecologisti? È una falsità". Conte: "Dalla premier non ho sentito la parola pace"

Roma - La fiducia alla Camera passa con 235 sì, 154 no. Giorgia Meloni fa il pieno di voti: all’appello mancano gli assenti giustificati Pichetto Fratin e Cappellacci, più Gallo (lista di De Luca), che si è astenuto come i 4 deputati delle minoranze linguistiche. Dall’altro lato della barricata si incassa una sconfitta scontata.

Ma non inganni il numero ’tondo’, 154: nemmeno Giotto riuscirebbe a mettere in una sola ’o’ le opposizioni. Non sono componibili. A volte per la sostanza, come per Calenda e Renzi che promettono un contrasto costruttivo: "Se le premesse delle sue dichiarazioni saranno rispettate, non mancheranno le nostre proposte", dice Richetti. Non è un mistero che sulla riforma presidenzialista il terzo Polo è pronto a dialogare e Letta no.

Più vicini in apparenza il leader del Pd e Conte. Entrambi promettono opposizione a tutto campo, ma con accenti sensibilmente diversi. Sottotono il primo, che affonda la lama in un’unica occasione, quando sbugiarda l’affermazione della premier per cui solo i conservatori sono ecologisti: "Bolsonaro, Trump, il partito del Pis in Polonia sono conservatori e non sono ecologisti". Non riesce ad essere efficace nemmeno sul lavoro, quando denuncia l’assenza di riferimenti alla transizione ecologica o sul fascismo.

Sfoggia un piglio tribunizio e una verve oratoria insospettata il capo dei cinquestelle. Che ambisce a imporsi come vero leader dell’opposizione. Non è solo questione di maggiore o minore bellicosità. A impedire unità d’azione tra Pd e M5s c’è molto di più: la guerra in Ucraina. "Lei non ha mai accennato all’unica via d’uscita: pace, le ricorda qualcosa?", così Conte attacca la Meloni. Né le distanze si limitano alla guerra, con Letta che promette "collaborazione". L’avvocato incalza la premier punto per punto: le rinfaccia il comportamento ambiguo in Europa sul Pnrr, l’assenza di risposte vere su caro bollette e scostamento, la corsa al riarmo. Ma la ciliegina sulla torta è la domanda beffarda: "Ma non è che alla fine l’agenda Draghi la vuole scrivere lei?". Se il segretario del Pd sospetta la premier di non essere davvero draghiana, quello dei grillini l’accusa di esserlo troppo, e anzi di aver siglato con la scelta di Giorgetti all’Economia la continuità con l’ex presidente della Bce.

Il quadro che si prospetta per l’opposizione è desolante perché da una parte c’è una coalizione consapevole di dover tenere sotto controllo le divisioni interne, dall’altra una minoranza incapace di fare muro. Forse anche per questo, la premier può permettersi siparietti come quelli fatti nel corso della replica. Prima ha preso di petto la capogruppo del Pd: "Ho sentito dire che io vorrei le donne un passo dietro agli uomini. Onorevole Serracchiani, le sembra che io sia un passo dietro agli uomini?". Poi, ha dato del tu all’onorevole Soumahoro quindi, ripresa, ha riso: "Chiedo scusa, ho sbagliato. Uno sbaglia poi, chiede scusa". Per ora dall’opposizione non ha da temere niente e dalla maggioranza, salvo sorprese quando oggi al Senato parlerà Berlusconi, non deve guardarsi troppo.