Non hai vinto, ritenta. Il decreto Cutro è stato uno sfacelo, migliorare la situazione non era facile ma si poteva evitare di peggiorarla. Quelle norme invece l’hanno aggravata e, pur non confessandolo, il governo se ne rende conto. In cantiere c’è un nuovo decreto in gran parte mirato sulle espulsioni. In particolare, punta ad aumentare il numero di Centri di Permanenza per il Rimpatrio (Cpr) in ogni regione, a rendere più efficaci le espulsioni dei migranti irregolari, in particolare gli autori di reati, e a velocizzare le procedure per verificare l’età dei minori non accompagnati con sanzioni per chi dice il falso. Non è escluso che il pacchetto possa arrivare sul tavolo del consiglio dei ministri in programma lunedì.
Una mossa che dovrebbe, almeno negli auspici della premier, aiutare a fronteggiare l’ondata di sbarchi ma anche l’assalto all’arma bianca della Lega e il discredito che rischia di diffondersi ai danni del governo. Il momento certo non è tra i più propizi: tra lunedì e mercoledì si sono contati 10mila sbarchi a Lampedusa (da gennaio sono il doppio rispetto allo scorso anno) e l’isola, grazie alle scelte dell’esecutivo, è al collasso. Come se non bastasse, ci si mette anche la Tunisia. Il presidente Kais Saied ieri ha negato l’ingresso a una delegazione di eurodeputati che aveva programmato la visita nel suo Paese con il fine di "comprendere la situazione e valutare il memorandum d’Intesa firmato con la Ue". Scelta registrata "con rammarico e sorpresa" a Bruxelles, dove cresce il malumore per l’accordo: c’è da dire che i primi a non onorare l’impegno sembrano essere i paesi dell’Unione che non hanno ancora sborsato un euro dei 900 milioni promessi. Che il Memorandum non avesse dato alcun frutto, l’aveva già dimostrato la massa di barche che raggiungono Lampedusa, anche se il Viminale sostiene che l’intesa ha permesso di evitare altri 50mila arrivi. Una ferita particolarmente dolorosa per la premier che si era proposta come regista delle trattative diplomatica tra Unione e Tunisia, tanto che a Palazzo Chigi sono furibondi più che con il presidente tunisino con i parlamentari europei, sostenendo che non avrebbero dovuto muoversi così.
Ieri l’Europa tutta si è fatta sentire: la presidente Ursula von der Leyen, in un colloquio telefonico con Giorgia Meloni promette una mano per Lampedusa. "Siamo pronti a sostenere l’Italia, lo stiamo già facendo", sottolinea la portavoce della commissione europea per le migrazioni, Anitta Hipper. Il presidente francese, Emmanuel Macron, che cita papa Francesco, ammette: "Serve una soluzione europea". Parole analoghe le pronuncia la ministra dell’Interno tedesca, Nancy Faeser. Ed è lo stesso ritornello che hanno suonato a Budapest i leader dei due principali governi di destra europei, Giorgia Meloni e Viktor Orban: "La migrazione è una sfida comune per l’Ue a che richiede una risposta collettiva". Ancorché la premier italiana non dimentica accenti identitari cari al padrone di casa: "I migranti non risolvono il declino demografico". Nelle stesse ore, Marion Maréchal (nipote di Marine Le Pen) rilancia da Lampedusa, dove è volata: "Sostengo il governo italiano. Ue e Francia cambino posizione"
Che poi: una cosa sono le parole e un’altra i fatti, e i fatti indicano che in Europa ancora una volta gli egoismi nazionali prevalgono sulla responsabilità collettiva. Va da sé che si apre così un varco alla propaganda della Lega. Quando il vicesegretario Andrea Crippa dice: "Bisogna tornare non solo ai decreti Salvini, ma anche a un atteggiamento più deciso", tra le righe accusa di mollezza la premier. Del resto, non si limita alle allusioni: "La linea diplomatica di Meloni non funziona". Formalmente, Salvini la difende: "Giorgia sta facendo un lavoro sovrumano". Ma chiede di fare "anche altro". Lei non commenta, ci pensa l’altro vice Antonio Tajani: "Mi pare che sia l’esatto contrario. Bisogna conoscere bene le cose prima di dare giudizi". Della serie: il ministro degli Esteri sono io.
Nel mirino di Salvini c’è la politica dell’immigrazione con il doppio obiettivo di garantirsi una propaganda facile e di affondare la politica di appeasement con l’Europa alla quale si affidata nell’ultimo anno Giorgia. "Paesi stranieri finanziano delle associazioni che contribuiscono a questo flusso – insiste Salvini –. La Germania dà milioni di euro alle ong tedesche per portare qui i migranti". Presa di mira sul fronte esterno dagli sbarchi senza sosta e su quello interno dalla carica della Lega, Giorgia Meloni si affida a un decreto all’insegna del rigore. Sperando che basti se non a risolvere una situazione drammatica almeno a renderla meno difficile.