
Il capo dello Stato, Sergio Mattarella, è. nel mirino di Mosca dopo aver paragonato la Russia al Terzo Reich
"Davvero? Francamente non ce ne siamo neanche accorti", rivelano dal Quirinale. "Veramente non ci sono agenzie sostegno di Mattarella?", si meravigliano dai gruppi parlamentari del Pd. Fatto sta che, il giorno successivo a quello in cui i dem si sono divisi non meno del Governo sul piano di riarmo e difesa europeo, l’ennesimo e puntualissimo attacco al capo dello stato Sergio Matterella da parte del Cremlino è effettivamente, e forse comprensibilmente, finito in cavalleria rispetto alle divisioni politiche nazionali che assillano il Colle. L’Italia ci attacca perché "non ha nulla con cui difendersi" visto che "abbiamo di nuovo colpito il cuore del problema, cioè abbiamo colto la stessa persona a mentire", ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, al presidente Sergio Mattarella.
Al Pd, diviso dalle proprie beghe interne, l’attacco russo è sostanzialmente sfuggito, così come al Quirinale non hanno neanche fatto in tempo ad accorgersene, dato quanto sono preoccupati sulla lealtà europeista del Paese. Diversamente dalla Farnesina di Antonio Tajani, il vicepremier europeista di Giorgia Meloni, che ha convocato l’ambasciatore russo – che ha definito gli attacchi "legittima difesa" – con tanto di nota sul fatto che il Quirinale rappresenta l’unità non solo della nazione, ma del continente.
L’ordine dei problemi parte insomma dall’esecutivo. Se non riesce a essere unito sul piano di riarmo, ne va della dignità e la credibilità dell’Italia, fondatrice dell’Europa. Più di quanto non dica la lacerazione interna ai dem e lo scetticismo da parte della segretaria Elly Schlein, che certo affligge l’inquilino del Colle, come tutta la generazione dei fondatori post Dc che in queste ore si stanno agitando. Lo dimostra l’attivismo a partire da Luigi Zanda e Pierluigi Castagnetti, che sembra sempre più presagire alla possibilità di ripristinare una divisione tra il centrismo moderato di matrice più o meno cattolica e la sinistra che la segretaria dem sembra capace di rappresentare e mobilitare. E non è un mistero che Paolo Gentiloni sia considerato, probabilmente anche suo malgrado, il campione in pectore di questa possibile sfida, che potrebbe presagire a uno scisma. Il divario con Schlein e il sentimento pacifista è infatti ideale e generazionale. Più degli attestati di solidarietà rispetto alle offensive diplomatiche russe, è il piano ReArm che affigge il Colle. Se schleiniani e soci non mollano sull’idea di una diversità europea, il Quirinale invece non è per niente propenso a indulgere in fratture all’insegna della compatibilità coi partner, a cominciare dalla preoccupazione per l’offensiva russa contro la democrazia occidentale, lasciata sola dal presidente americano Donald Trump.
La divisione della maggioranza di governo sul piano di riarmo negoziato dal governo in altri frangenti avrebbe imposto una crisi di governo. Il che non toglie che l’inquilino del Quirinale, da sempre riluttante a un interventismo al di sopra del proprio ruolo di garanzia, non sia a suo modo preoccupato per l’evoluzione delle situazioni interne, quanto rassegnato a un ruolo di sostanziale ininfluenza dimostrato al contempo dalle velleitarie speranze di negoziazione con Trump della premier, come dall’isolamento di Schlein rispetto al contesto del socialismo internazionale e dei rapporti col Ppe. Mattarella, insomma, la vede male per un’Italia divisa sia al governo che all’opposizione sul piano europeo di riarmo. Tanto da temere che il tirare a campare nazionale si riveli il male peggiore per maggioranza e opposizione.