Roma, 25 ottobre 2022 - Professor Scotto di Luzio, condivide la scelta di inserire la parola ’merito’ nel nome del ministero dell’Istruzione?
"Siamo tutti d’accordo che il merito sia importante nella scuola e nei processi formativi – risponde il professor Adolfo Scotto di Luzio, docente di storia della pedagogia all’Università di Bergamo – . Inserirlo nel nome del ministero è impegnativo ma è anche un segnale. Se sarà solo un maquillage o una scelta programmatica dipende da cosa farà il ministro. Inizia una fase politica interessante".
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Che cosa si deve fare perché non sia un maquillage?
"Restituire alla scuola la sua centralità e la sua dignità, liberandola da richieste che non hanno nulla a che fare con la scuola. Io avrei ripristinato il nome di ministero della Pubblica istruzione. Ma se la parola merito serve per restituire rigore ai processi formativi, ben venga".
Bisogna liberare la scuola da vecchie tossine? C’è chi punta il dito contro il ’68...
"Non tutti i mali vengono dal ’68. Tutti i paesi dell’Occidente hanno visto un abbassamento degli standard qualitativi della scuola. Sono cambiate le competenze che il mondo del lavoro chiede alla scuola, e nel frattempo i meccanismi selettivi sono stati demandati al mercato".
La scuola ha quindi demandato all’esterno le sue funzioni?
"Oggi non ci scandalizziamo se la competizione per una posizione professionale sia spietata, ma se poi una scuola boccia alcuni suoi allievi, i presidi o i docenti finiscono sulle prime pagine dei giornali o vengono denunciati. Vediamo programmi televisivi dove i cuochi o i boss d’impresa trattano male le persone, mentre agli insegnanti non si permette neppure il più banale gesto di impazienza. Se il prof dice torna al posto i genitori intervengono".
Come restituire l’autorevolezza all’istituzione scolastica?
"Dubito che vogliamo farlo. La verità è che oggi alla scuola viene chiesto un generico trattamento alfabetico dell’adolescenza. Si è stabilito che poi sarà la vita a formare la persona".
Il merito è il modo per cambiare questo stato delle cose?
"Ci sono varie dimensioni per applicare il concetto di merito. Intendiamo una scuola più severa che boccia? O vogliamo che accerti che gli studenti conseguano risultati significativi sull’apprendimento? Vediamo come si applicherà il merito".
Bisogna parlare di merito anche per i docenti?
"È un altro aspetto. Ma faccio una domanda: dobbiamo premiare gli insegnanti migliori? Con quali parametri?"
Quali suggerisce?
"Intanto vediamo come il ministro porterà a compimento i criteri per il reclutamento degli insegnanti. Si parte da lì. Materia complessa. Ricordate il concorsone di Berlinguer? Quanti terremoti anche nel centrosinistra quando si mette mano alla selezione degli insegnanti".
Ma perché i sindacati insorgono sempre?
"Gli insegnanti sono una categoria corporativa che difende ovviamente i propri interessi. Io sono sono contrario a differenziare gli stipendi dei docenti, farei piuttosto un ragionamento serio sulla formazione iniziale e sulla selezione. Devono essere i migliori laureati ad aspirare all’insegnamento".
L’assunzione diretta da parte dei presidi sarebbe utile?
"Se i presidi sono in grado di operare in funzione dello sviluppo della scuola e del suo progetto formativo, sì. Ma intorno alla formazione degli organici nella scuola italiana si agitano troppi interessi politici e corporativi".
Alla fine dipende da qual è l’obiettivo della scuola...
"Oggi è mettere i giovani nella condizione di muoversi in un mondo in continua trasformazione, sapendo che il cittadino oggi è colui che partecipa al mercato del lavoro".