Sabato 22 Febbraio 2025
ELENA G. POLIDORI
Politica

Lo scontro sulla riforma. Delmastro attacca le toghe: "Sono come gli ayatollah"

Il sottosegretario alla Giustizia dopo la condanna: non accettano critiche. La replica dell’Anm: "Allibiti per le parole sconcertanti del governo".

Il sottosegretario alla Giustizia dopo la condanna: non accettano critiche. La replica dell’Anm: "Allibiti per le parole sconcertanti del governo".

Il sottosegretario alla Giustizia dopo la condanna: non accettano critiche. La replica dell’Anm: "Allibiti per le parole sconcertanti del governo".

Lo scontro tra governo e magistratura assume i toni della sfida dopo gli ultimi commenti, ieri sera a Napoli, del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove, condannato a 8 mesi di reclusione (pena sospesa) per aver diffuso materiale coperto da segreto d’ufficio, nel gennaio 2023, nel caso che riguarda l’anarchico Cospito al 41-bis. La Procura aveva chiesto la sua assoluzione, la presidente del Consiglio e il Guardasigilli Nordio, a caldo, si sono detti "sconcertati". Ma l’inattesa condanna ha esacerbato ancora di più gli animi su tutti i fronti politici. La sinistra ha chiesto le dimissioni di Delmastro e alla premier di riferire in Parlamento; la destra medita una sorta di ‘vendetta’ attraverso una riforma della giustizia osteggiata dalle toghe (che sciopereranno il 27 febbraio), ma che lo stesso ‘reo’ Delmastro considera l’unico mezzo per far rientrare in ipotetici ‘ranghi’ i magistrati.

Le sue ultime parole sono state chiare in questo senso: "Ho ricevuto un mandato preciso dagli italiani per riformare, fra le altre cose, anche la giustizia. Ho avuto evidentemente al mio fianco in questa vicenda pure la Procura della Repubblica che ha chiesto, correttamente, tre assoluzioni e sono entrato nel Guinness dei primati occidentali: con tre richieste di assoluzione sono riusciti a condannarmi", ha sottolineato. "Credo che le sentenze si possano anche commentare, soprattutto quelle politiche che si commentano da sole", ha aggiunto, "ma devo dire che è una bella pretesa scioperare contro le nuove leggi e che nessuno possa commentare una sentenza. Credo che ci sia una sola categoria che rivendica il diritto a non essere commentata: quella degli ayatollah".

Ieri sono scesi in campo un po’ tutti, parlando chi (a sinistra) di riforme "brandite come clave" contro "sentenze scomode" e chi (a destra) di "politicizzazione" e di "eversione" rispedite al mittente con "sconcerto". La sentenza contro Delmastro "sembra più una scelta politica finalizzata a dare un colpo alla riforma della giustizia", ha infatti osservato il vicepremier Antonio Tajani, "ma noi sulla riforma andremo avanti" perché "va nell’interesse dei cittadini e della stessa magistratura". Parole che richiamano quelle della premier, Giorgia Meloni, che, dopo essersi detta, appunto, "sconcertata", ha blindato di fatto Delmastro al governo. A sinistra, invece, la leader del Pd Elly Schlein ha parlato di "dichiarazioni tecnicamente eversive" da parte della premier e del sottosegretario, mentre per il presidente del M5s, Giuseppe Conte, "la principale colpevole di questo grave andazzo è Meloni. Per il leader di Iv, Matteo Renzi, infine, la questione è che "uno come Del Mastro non merita di stare al governo per quello che dice, non per le condanne che prende".

Lo scontro però è a 360 gradi e va oltre le riforme. Martedì a far salire la tensione contribuiranno sia la discussione generale sulla mozione di sfiducia al Guardasigilli, Carlo Nordio, al centro delle polemiche per i casi Almasri e Paragon, sia il voto di un’altra mozione di sfiducia, quella presentata sempre dalle opposizioni, contro la ministra Daniela Santanchè. Intanto i capigruppo delle opposizioni al Senato hanno scritto al presidente del Senato, Ignazio La Russa, per chiedere al più presto un Premier Time sul tema giustizia, ma non solo.

Insomma, uno scontro così aspro con le toghe non si vedeva forse dall’epoca Berlusconi o forse, ancor prima, dai tempi di Mani Pulite. La reazione dell’Anm la dice lunga: "Siamo sconcertati nel constatare che ancora una volta il potere esecutivo attacca un giudice per delegittimare una sentenza". Le toghe si dicono "allibite" dalle dichiarazioni di Delmastro, anche se Cesare Parodi, numero uno dei magistrati, ha tentato poi di smorzare i toni, affermando di coltivare ancora "la speranza che ci possa essere un dialogo assolutamente franco, leale e costruttivo" con il governo. Proprio per questo cresce l’attesa per l’incontro del 5 marzo con Meloni, un appuntamento che, a oggi, è ancora in calendario. Ma che poi ci sia davvero è ancora tutto da vedere anche perché c’è un appuntamento prima che inasprirà ancor di più le tensioni: lo sciopero dei magistrati, il 27 febbraio. A Roma andrà in scena anche un flash-mob in piazza Cavour, sulla scalinata della Cassazione, durante il quale i magistrati, in toga, indosseranno una coccarda tricolore e mostreranno una copia della Costituzione italiana, "simbolo della difesa dell’ordine democratico".