e Rossella Conte
Un’onda sonora colorata. Piazza della Signoria a Firenze, per il 25 novembre, non era solo rossa, come la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne chiederebbe da manuale. O nera, colore del lutto per le vittime di femminicidio. Alle ferite, alle bocche cucite o messe a tacere, si oppongono centinaia di voci contro la violenza, di fiori, di occhi, di segni rossi sul volto, segno che qualcosa di diverso c’è davvero. In tutt’Italia. In tante piazze e in tanti eventi da Nord a Sud, proprio come qui.
"Non vi fate fottere da quel che era. Noi siamo quello che c’è" invita dall’arengario di Palazzo Vecchio l’attore Francesco Montanari, uno degli ospiti della manifestazione organizzata da QNxleDonne e Comune di Firenze. Al suo fianco Cristina Manetti, fondatrice de La Toscana delle Donne, che afferma: "I diritti delle donne sono diritti umani. E i diritti umani sono diritti delle donne, anche se ce ne dimentichiamo spesso".
Dal passato patriarcale, maschilista, violento dobbiamo staccarci per guardare al futuro di rispetto e di vera parità tra uomini e donne. Un compito a cui ogni persona è chiamata a dare il suo contributo, partendo dalle parole che sono motrici di cambiamento. "Pensate alla parola femminicidio, fino a 15 anni fa non esisteva, oggi identifica la vita delle donne che sono state uccise, che hanno lottato per dire no, che ne sono rimaste vittime", afferma la direttrice delle testate del Gruppo Monrif Agnese Pini. Le fa eco la sindaca Sara Funaro, che lancia una stoccata a chi nega l’esistenza del patricarcato: "Chi lo dice deve stare molto attento, perché chi rappresenta le istituzioni è un esempio per i nostri cittadini e quelle parole rimangono".
Sull’importanza di parlarne e di farlo nel modo giusto, si è espresso anche il governatore Eugenio Giani ("Bisogna far emergere i dati, basta con l’omertà. Tutto deve essere detto perché tutto può essere contrastato, anche questo è un fatto di cultura") e gli altri rappresentanti istituzionali di Regione e Comune. La parola dà forma alle cose, dà il nome alle persone e porta cambiamenti. Ma non le frasi ipocrite di una giornata di ricorrenza, aggiunge lo scrittore e drammaturgo Stefano Massini, non le pronuce facili di facciata, non i termini sbagliati nei contesti più delicati.
Antonella Lattanzi fa un esempio di questo tipo: "Voglio parlarvi del mio aborto. Perché è importantissimo oggi parlarne per tutte le donne hanno subito violenza ostetrica, che hanno paura di fare un figlio e non lo possono dire per il timore di essere etichettate come ‘snaturate’". Parla di violenza subìta Cinza Th Torrini: "La realtà è che ho sempre dovuto lottare. Primo schiaffo a 15 anni, dal mio primo ragazzino, poi seguito da anni di abusi, di violenze. Io racconto la mia storia personale perché sia di aiuto a tutte le donne che ci si trovano oggi".
Il peso delle parole dette e di quelle taciute. Di silenzio si alimenta la cultura dello stupro e della discriminazione. Fenomeni che non conoscono confini, ci ricorda Saliha Sultan, scrittrice afghana: "Le donne nel mio paese vivono in un sistema oppressivo, dove non hanno diritto di parlare e non hanno nemmeno un volto. Ma mi chiedo perché in un Paese così emancipato come l’Italia, vengano ancora uccise".
In apertura la voce di Daniele Silvestri cantava: ’Guarda quanta gente c’è, che sa rispondere, a bocca chiusa...’. Ma la bocca, gli oltre 500 alunni e alunne fiorentine, le centinaia di donne e uomini in piazza, non l’hanno voluta tentere chiusa. Per i ragazzi della Consulta provinciale degli studenti della città metropolitana: "Oggi 25 novembre 2024 (ieri, ndr), siamo ancora qua a combattere per diritti che ci sono stati riconosciuti ormai da tempo" facendo riferimento all’Articolo 3 della Costituzione.
"La violenza non è solo fisica ma anche psicologica, verbale. Togliere la libertà a una donna, come sta succedendo in Iran, è violenza" dice una delle portavoce del movimento Donna Vita Libertà. E "La lotta di una è la lotta di tutte" le fanno eco dall’associazione Nosotras, donne di tutte le nazionalità e di tutte le età che si battono per un credo comune: l’uguaglianza.