De Robertis
Giorgio Merlo è un democristiano doc, per molti anni in Parlamento con l’Ulivo, la Margherita, il Pd, poi nelle varie sigle ex democristiane e ultimamente in associazioni come Base Popolare insieme a Quagliariello, Follini, Giuseppe De Mita. Ieri sera ha presentato a Roma un suo libro, Cattolici al centro, su iniziativa di Pier Ferdinando Casini, cui hanno preso parte Paolo Barelli, Rosy Bindi, Giuseppe De Rita, Giuseppe Fioroni. Una nazionale democristiana.
Giorgio Merlo, si torna a parlare di cattolici in politica. Pare quasi che il tempo non sia mai passato. Dove stanno ora i cattolici?
"Sono sparsi, ma nessuno si può appropriare della rappresentanza politica esclusiva dei cattolici".
Si riferisce al convegno di sabato a Milano, quello organizzato dai suoi ex compagni di partito Delrio e Castagnetti?
"Benvengano i convegni, anche quello di Milano, basta che sia chiaro che nessuno può parlare a nome di tutti i cattolici. E poi parliamoci chiaro, storicamente nel nostro Paese la politica dei cattolici è coincisa con la politica di centro".
La ricostituzione del centro è ormai diventata un genere letterario. Un luogo dell’anima politica che tutti evocano e nessuno riesce a ricostruire.
"La politica di centro è qualcosa di più che costruire un partito di centro, è quello che ha caratterizzato la Dc e alcune formazioni della seconda repubblica. Penso al Ppi di Franco Marini e al Ccd di Casini".
E che cosa contraddistingue la politica di centro?
"Rispetto dell’avversario che non è mai un nemico, cultura delle istituzioni, capacità di governo, autorevolezza della classe dirigente, approccio riformista, tentativo di dare una risposta alle domande della società e respingere qualunque forma di radicalizzazione del conflitto politico".
Attualmente dove le vede queste cose?
"Diciamo dove non le vedo e non possono stare: in nessun partito sovranista come la Lega, in un partito radicalmassimalista come il Pd e men che meno in un partito populista come i Cinquestelle".
E in un sistema bipolare come pare si vada ricomponendosi il nostro?
"Nell’ambito del centrodestra credo che Forza Italia possa svolgere questo ruolo. Ha una cultura politica riformista, può essere un interlocutore".
A sinistra?
"Lì la situazione è più complessa. Dopo la confluenza della Margherita nel Pd, il rischio molto presente è che quella cultura centrista si perda e i cattolici svolgano un ruolo ornamentale. Occorre riconoscere che nell’attuale Pd, così radicaleggiante, è così".
Bisognerebbe far rinascere una Margherita due.
"Dovrebbe spaccarsi il Pd, e non credo. Perché è in crescita e quando si cresce non ci si spacca".
Renzi e Calenda sono un’opportunità o un problema?
"Niente in contrario, ma i partiti personali con la ricostruzione del centro non hanno niente a che vedere".