
La presidente del Consiglio e leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, 48 anni
La formula attesa e, come prevedibile, arrivata è quella della "sospensione reciproca". È così, il giorno dopo lo stop alle tariffe (ma non a tutte) deciso da Donald Trump, da Bruxelles ci si muove sulla stessa lunghezza d’onda, con il fermo speculare di 90 giorni alle contromisure europee varate solo mercoledì scorso. Ma, per dirla con il portavoce Ue per il Commercio Olof Gill: "Cosa accadrà alla fine dei 90 giorni? Sono molto più preoccupato di cosa potrebbe succedere tra 90 minuti". E, dunque, il sollevo per la tregua non fa scomparire il clima che si respira a livello di Commissione e di cancellerie europee che rimane pur sempre di incertezza sulle mosse del Presidente Usa, che, però, in serata una nuova indicazione rilevante la dà. Sui dazi - fa sapere - tratterà con l’Unione europea "come un unico blocco" e non per singolo Paese: "Ci hanno trattato molto male ma sono stati intelligenti".
Ursula von der Leyen attende di consultare i 27 Paesi dell’Unione, ma di fatto la decisione era già nell’aria fin dall’altra sera. Poco dopo mezzogiorno la presidente della Commissione spiega: "Vogliamo dare una possibilità ai negoziati. Se i negoziati non saranno soddisfacenti, scatteranno le nostre contromisure. Tutte le opzioni sono sul tavolo". È da sottolineare, però, che al momento resta una asimmetria nella sospensione reciproca, perché Washington ha fermato il raddoppio (dal 10 al 20%) dell’aliquota sui dazi reciproci, e mantiene fermi quelli al 25% su acciaio, alluminio e auto. L’Unione europea ha bloccato di fatto tutto. Ma dalla Commissione hanno respinto qualsiasi accusa di debolezza.
Poco prima dell’annuncio della numero uno dell’esecutivo Ue il suo braccio destro, il capo di gabinetto Bjorn Seibert, aveva comunicato le intenzioni di Palazzo Berlaymont ai Paesi membri in una riunione d’urgenza. Tutti i rappresentanti dei Paesi sono stati d’accordo, ma non tutti allo stesso modo. Un ruolo di primo piano lo ha esercitato l’Italia, che continua a guidare le capitali dialoganti. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha sentito il commissario al Commercio Maros Sefcovic per concordare un’accelerazione della sospensione. I mercati europei hanno apprezzato, così come il sistema produttivo. Ma è la stessa Commissione ad aver sempre fatto sapere come la messa in campo delle tariffe non sia mai stata una scelta, ma una necessità. Il punto è che, al momento, nessuno è in grado di definire un programma di negoziati con gli Usa. La situazione resta complessa anche perché, ha osservato una fonte europea, a dispetto dell’Ue – per la quale tratta il commissario Sefcovic – nessuno Oltreoceano ha un vero mandato a negoziare. In agenda, al momento non è fissato alcun incontro faccia a faccia tra il commissario Ue al Commercio e il suo omologo. E di un contatto tra von der Leyen e Trump non c’è ancora traccia.
A Washington volerà Giorgia Meloni e nessuno, a Palazzo Berlaymont, pensa sia un problema. Ma resta fermo che a trattare, sui dossier commerciali, è la Commissione. Di certo, di dazi (ma anche di spese per la difesa) si parlerà oggi e domani nella due giorni informale dell’Eurogruppo e dell’Ecofin a Varsavia. Con un approccio dei ministri finanziari improntato all’equilibrio. Una visione in linea con quella professata dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Ma anche con l’impostazione del premier polacco e presidente di turno dell’Ue, Donald Tusk: "Difendere i nostri interessi con fermezza e decisione e, allo stesso tempo, proteggere la nostra alleanza transatlantica da ogni avversità è il nostro obiettivo comune".