Roma, 20 dicembre 2023 – “Guai a tenere segreti i provvedimenti restrittivi. Ciò che i cittadini non conoscono è fuori dalla democrazia". Perciò secondo Federico Cafiero De Raho, ex procuratore antimafia e deputato 5 Stelle, l’emendamento che vieta la pubblicazione delle ordinanze di custodia rischia soprattutto di danneggiare i soggetti più fragili. In quanto "non garantisce né l’imputato né il diritto di informazione del cittadino".
In che cosa questo intervento è più stringente dei divieti già disposti dall’allora ministro Andrea Orlando? "Quel decreto già adeguava l’Italia alla direttiva europea, che protegge la presunzione di innocenza, compresa una stretta molto rigorosa sulle intercettazioni. La pubblicazione di un’ordinanza di custodia cautelare non presume alcuna colpevolezza. Pertanto non vi era nessuna esigenza alla base dell’emendamento che impone oggi un divieto di pubblicazione dei provvedimenti restrittivi".
Dati i trascorsi, soprattutto dei tempi di Tangentopoli, non crede che servano più garanzie?
"La direttiva Ue era già abbondantemente rispettata. Evidentemente si è voluto fare un passo in avanti. Si è detto in Aula che i magistrati passavano sottobanco le ordinanze, che si sbattevano mostri in prima pagina: si è presentata come un’operazione di civiltà giuridica. Ma diciamo le cose come stanno: qui non si legge nulla che sia una garanzia per l’indagato".
Perché? "In quanto la trasparenza dei provvedimenti restrittivi è una garanzia in più per l’indagato. Ma con l’emendamento non si garantisce neanche il cittadino: perché si impedisce che sia informato dai media, che vigilano sull’operato della magistratura. Quando i mezzi di informazione diffondono i contenuti di un’ordinanza di custodia, rendono un servizio al pubblico, garantendo la conoscenza dei fatti gravi per cui è stato disposto il provvedimento. Che tocca solo mafiosi, corrotti e autori di reati gravi. Questo obbligo del silenzio sembra quasi una violazione del diritto costituzionale alla libera informazione".
Le norme garantiste, però, avvantaggiano sempre i più deboli rispetto a chi invece può permettersi spese legali e tempi giudiziari…
"Certamente i soggetti che fanno parte dei cosiddetti poteri forti e comitati d’affari il problema non ce l’hanno. Perché attraverso una tecnica legale forte riescono sempre a difendersi al meglio. La norma sostanzialmente obbliga al silenzio sulle ordinanze che riguardano la borghesia mafiosa, il sistema della corruzione e gli esponenti della politica ad essi contigua. Così si sottraggono i potenti al controllo dell’informazione e dell’opinione pubblica".
E per i soggetti fragili?
"Il fatto importante è conoscere. È importante sapere perché avvengono degli arresti. L’informazione è un valore democratico e tutela i soggetti fragili".
Crede che il governo attuerà la delega in modo tanto restrittivo per la stampa?
"Bisognerebbe innanzitutto fare il possibile per far giungere al Parlamento il pensiero delle associazioni libere, che esortano al massima difesa delle libertà costituzionali. L’iniziativa della Federazione della stampa in proposito è importante, perché manifesta l’unità di intenti da parte di tutti i giornalisti. Qui non si tratta di mostri in prima pagina, ma del giusto equilibrio tra le garanzie dell’indagato e quelle del cittadino, che solo la libera informazione può assicurare a tutti i soggetti in causa".