di Enrico Colorni
La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, farà un passaggio anche sulla situazione in Russia nelle comunicazioni alle Camere di mercoledì, prima del Consiglio europeo del 29 e 30 giugno. Ma non è certo quello la spina, nella coalizione. Mes. Santanchè. Lavoro. Giustizia. Le grane per il governo non mancano. Innanzitutto c’è il decreto lavoro, approvato nel Cdm del Primo maggio, che ha rischiato di incagliarsi in Senato dopo che la maggioranza è andata sotto in commissione Bilancio per l’assenza di due i forzisti. Poi c’è la vicenda che vede coinvolta la ministra del Turismo, Daniela Santanchè, finita nel mirino della trasmissione Report riguardo una presunta gestione opaca delle sue aziende.
Immediata la difesa della ministra, non indagata, disponibile a riferire in Parlamento, ma le opposizioni ne chiedono già le dimissioni, correndo dietro all’inchiesta di una trasmissione, con tanto di solita raccolta firme lanciata da Avs. Santanchè si mostra serena: ritiene di godere del pieno supporto del suo partito e della premier. Ora, però, c’è una richiesta formale dei 5Stelle di venire in aula a riferire e chiarire. Calendario alla mano, dovrebbe tenersi giovedì, la corrida. La Lega, dopo aver sollevato dubbi, ora fa quadrato intorno alla ministra, a partire da Salvini in giù.
Ma la fibrillazione maggiore, dentro la maggioranza, si registra sulla questione Mes, di cui manca la ratifica solo da parte dell’Italia. Giorgia Meloni è sempre stata contraria a questo strumento, come anche il leader della Lega Matteo Salvini, mentre il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha lanciato un appello sulla necessità di convergere per la ratifica, gettando sconcerto nella maggioranza e creando problemi anche alla premier.
L’unica sponda della Ue era quella di Forza Italia che si è sempre mostrata disponibile verso la ratifica, ma il coordinatore nazionale Tajani ha cambiato idea: "Ero favorevole al Mes prima che arrivasse il Recovery Plan, ma il regolamento attuale non pone alcun controllo da parte del Parlamento Europeo e della Commissione europea e questo non va bene", ha spiegato. Dunque, la strategia del governo è quella di rinviare la discussione. Giovedì scorso la maggioranza ha disertato i lavori in commissione Esteri alla Camera che inevitabilmente ha adottato il testo delle opposizioni, ma la questione è soltanto rimandata. Giorgetti ha tentato di spiegare che la ratifica del Mes non equivale ad utilizzarlo, ma senza questo passaggio parlamentare si rischia di compromettere i rapporti con la Ue. Ma i partiti di maggioranza non ne vogliono sapere di intestarsi un voto su uno strumento su cui hanno sempre dato battaglia.
Il termine ultimo per emendare il testo è mercoledì, dopodiché il provvedimento è calendarizzato in Aula per il 30 giugno, ma se Molinari (Lega) mette le mani avanti: "Penso che slitterà", il Pd insiste e con Piero De Luca dice: "è diritto delle opposizioni ottenerne l’esame in quella data". Una matassa difficile da sbrogliare, tanto che il governo sta ancora studiando il modo per far slittare il voto a settembre. Non è detto ci riesca.