Sabato 10 Agosto 2024

Le nuove Br. Torna libero dopo 21 anni. Sconto al brigatista che pedinò Marco Biagi

Era stato condannato a 25 anni complessivi. Il sindaco di Bologna: "Sono sconvolto". Finì nella rete degli investigatori per un controllo casuale sui monti dell’Appennino.

Le nuove Br. Torna libero dopo 21 anni. Sconto al brigatista che pedinò Marco Biagi

Era stato condannato a 25 anni complessivi. Il sindaco di Bologna: "Sono sconvolto". Finì nella rete degli investigatori per un controllo casuale sui monti dell’Appennino.

Si è lasciato alle spalle i cancelli del carcere di Alessandria. E, venerdì, Simone Boccaccini è tornato nella ‘sua’ Firenze da uomo libero. Sessantasei anni, una vita ‘borghese’ da ex idraulico del Comune del Giglio, il brigatista ha finito di scontare, definitivamente, la sua pena, che era stata ricalcolata nel 2019 – con uno sconto 10 mesi per buona condotta – in 25 anni e 10 mesi. Che sono diventati effettivamente 21, in considerazione dei 3 mesi all’anno che vengono ridotti a tutti i detenuti ‘ligi’.

Boccaccini era stato condannato a Roma per banda armata. E a Bologna per l’omicidio del giuslavorista Marco Biagi. Una notizia che ha choccato la città, con il sindaco Matteo Lepore a farsi portavoce della "vicinanza alla famiglia Biagi. La notizia della scarcerazione per buona condotta di una persona coinvolta nel piano che uccise il professor Biagi ci sconvolge".

Il ‘compagno Carlo’ non aveva avuto l’ergastolo perché gli inquirenti non erano riusciti a dimostrare che quel 19 marzo di 22 anni fa Boccaccini fosse a Bologna. Ma c’era la settimana prima. Ed era in macchina con Roberto Morandi, suo mentore e ‘contatto interno’ della cellula delle Nuove Br che esplose i sei colpi letali in via Valdonica. Il delitto si sarebbe dovuto compiere proprio il 12. Ma il gruppo non aveva finito la rivendicazione. Così l’azione venne posticipata di una settimana. Al 19 marzo, appunto.

Considerata la rigida struttura compartimentale che caratterizzava le Br, probabilmente il nome di Boccaccini non sarebbe mai saltato fuori se quel 12 marzo 2002 lui e Morandi non fossero incappati in un controllo dei carabinieri a Ponte della Venturina, tra Porretta e Pistoia. Stavano rientrando a Firenze dopo un sopralluogo in città, ma questo sarebbe emerso solo un anno dopo. Dopo l’arresto, il 2 marzo del 2003, di Nadia Desdemona Lioce. E la morte, lo stesso giorno, di Mario Galesi, in un conflitto a fuoco sul regionale Roma-Firenze, in cui i brigatisti uccisero l’agente Emanuele Petri.

Quella data segna l’inizio della fine delle Nuove Br. Dopo l’individuazione dei vertici, gli inquirenti riuscirono a ricostruire tutti i componenti della cellula che aveva organizzato l’azione. Lioce e Galesi che materialmente esplose i colpi. E poi Morandi, che era in moto con Galesi. E Marco Mezzasalma, l’esperto informatico che inviò la rivendicazione (per la prima volta, per via telematica); Cinzia Banelli, la ‘compagna So’ e Diana Blefari Melazzi, che si è uccisa in carcere dopo la condanna definitiva all’ergastolo, il 31 ottobre del 2009. La stessa sentenza di Lioce, Morandi e Mezzasalma, mentre la Banelli, che ha scelto di collaborare e ora vive in un luogo segreto con un nuovo nome, ha avuto 20 anni. Per i tre ergastolani, il fine pena è mai. E in regime di carcere duro. Morandi è al 41 bis a Spoleto, Mezzasalma a Opera. E la Lioce all’Aquila. La brigatista in questi anni è stata ‘pioniera’ delle proteste contro il 41 bis, ma la Cassazione ha sempre respinto i suoi ricorsi. Non si è mai dissociata, non si è mai pentita. E, probabilmente, non lascerà mai il carcere. La donna, come gli altri due ‘sodali’, sconta infatti l’ergastolo ostativo, una condizione che, dalla riforma Cartabia in poi, non permette di usufruire di permessi, misure alternative o lavoro esterno. Contempla invece per l’ergastolano la liberazione condizionale dopo 28 anni di carcere. Tuttavia, impone una serie di vincoli. Tra cui il più significativo: che i parenti delle vittime siano d’accordo con la scarcerazione.

Tuttavia, Lioce e compagni potrebbero uscire dal carcere anche domani. Questo, qualora decidessero di collaborare, visto che la riforma ha escluso la formula della ‘collaborazione impossibile’. Una strada che i brigatisti non hanno mai avuto intenzione di percorrere. Anzi, la Lioce non solo non si è mai pentita, ma ha anche continuato a fare ‘propaganda’ dal carcere. Motivo per cui le è stata bloccata anche la corrispondenza.

Nicoletta Tempera