Martedì 24 Dicembre 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

Le modifiche alla Carta. Arrivano il premierato e la norma anti ribaltoni: "Ridare centralità al voto"

La maggioranza trova l’accordo sulle riforme, venerdì il testo in Cdm. Stop alla nomina dei senatori a vita. I dubbi sui poteri del capo dello Stato. Opposizioni sulle barricate, ma Renzi apre sull’elezione diretta del premier.

Le modifiche alla Carta. Arrivano il premierato e la norma anti ribaltoni: "Ridare centralità al voto"

A destra dicono che apre la strada alla Terza Repubblica. A sinistra che scassa la democrazia, A far da ponte tra i due giudizi agli antipodi, l’accordo sulle riforme trovato, almeno sulla carta, dalla maggioranza. Toccherà al Consiglio dei ministri convocato venerdì mettere il timbro ufficiale sul disegno di legge che introduce in Italia l’elezione diretta del premier. Giorgia Meloni ha fretta, vuole che sia approvato in prima lettura (si parte dalla Camera) di qui alle Europee. "Bisogna correre, il referendum ci sarà e dobbiamo evitare che coincida con la fine della legislatura", avverte. Dopo aver rimuginato per mesi, si è optato per una forma ’dolce’, in modo da pestare il meno pesantemente possibile i piedi al capo dello Stato, privato del potere di nomina del primo ministro.

Parola d’ordine: evitare conflitti con Mattarella, anche se ciò costa qualche dolorosa rinuncia. E così, la bozza portata ieri dalla ministra Elisabetta Casellati a Palazzo Chigi al vertice dei leader di maggioranza allargato al ministro Luca Ciriani ed emendata dagli alleati – sempre che non venga cambiata nelle prossime ore – è scomparso ogni riferimento al potere di nomina e revoca dei ministri. Resterà prerogativa del presidente della Repubblica. Il quale manterrà anche il potere di sciogliere la legislatura. Ma con limiti molto stretti. FdI ha rinunciato alla formula originaria secondo cui la caduta, per qualsivoglia motivo, del premier eletto doveva implicare il ritorno alle urne. Non sarà così: se dovesse lasciare il suo posto, sarà il capo dello Stato a decidere se restituirgli l’incarico o scegliere un sostituto tra gli esponenti eletti della coalizione che dovrà avere la fiducia dalla stessa maggioranza, tutt’al più allargata ad altri. L’obiettivo è rendere impossibili ribaltoni – come quello che portò a Chigi Lamberto Dini e Massimo D’Alema – e governi tecnici come quelli di Mario Monti e Mario Draghi. E non si dovrebbe cambiare capo del governo più di una volta nell’arco della legislatura.

"Abbiamo fatto un grande passo avanti verso la riforma delle riforme, che darà stabilità al Paese e centralità al voto degli elettori", esulta Casellati. La legge elettorale, che gioco forza dovrà essere modificata, non c’è ancora. Spetterà al Parlamento trovare una via d’uscita dalla palude che è da sempre la più insidiosa per qualsiasi maggioranza. I paletti però sono già fissati: si dovrebbe votare su scheda unica sia per il candidato premier sia per uno dei partiti che lo sostengono. Il vincitore e la sua coalizione godranno di un premio di maggioranza che li porterà automaticamente al 55%. Nell’improbabile ipotesi che l’eletto non ottenesse la fiducia delle Camere, il capo dello Stato dovrà disporre un secondo tentativo. Se dovesse fallire, non ci sarebbe alternativa al ritorno alle urne.

La bozza (cinque articoli in tutto) sottrae all’inquilino del Colle pure la facoltà di nominare i senatori a vita: resterà appannaggio solo degli ex presidenti della Repubblica. È un colpo simbolico, e non è quello che infastidisce il Quirinale. È probabile che Mattarella non apprezzi una revisione così radicale della Costituzione, ma il ruolo istituzionale rende molto difficile pronunciarsi contro la riforma, anche se non è escluso che prima o poi qualche accenno lo faccia.

Non ha remore a sparare a palle incatenate la sinistra che si prepara al referendum: "Questa riforma stravolge gli equilibri della Costituzione", urlano Pd, M5s e Sinistra italiana. "Scassa la democrazia", taglia corto Francesco Boccia, capo dei senatori Pd. Mentre il costituzionalista d’area, Stefano Ceccanti, paventa "conflitti di potere e responsabilità". Di altro avviso Renzi: "Se Meloni porta a casa il sindaco d’Italia, senza troppi pasticci, lo voteremo". Per placare Salvini, la premier ha assicurato che entro novembre saranno votati gli emendamenti e il primo testo dell’Autonomia sarà sottoposto all’aula del Senato: in cambio, il capo della Lega definisce "di buon senso" il premierato. Meno soddisfatta Forza Italia: il suo cavallo di battaglia, la separazione delle carriere, è lontana dal traguardo. Ma il leader, Tajani, fa buon viso a cattiva sorte: "Siamo d’accordo sul testo".