Martedì 25 Marzo 2025
COSIMO ROSSI
Politica

L’alternativa che non c’è. Troppe divisioni a sinistra. Pd nella morsa M5s-centro

L’opposizione non riesce a essere unita soprattutto a livello nazionale. Ma il dialogo continua nelle Regioni. E c’è il nodo della leadership.

L’opposizione non riesce a essere unita soprattutto a livello nazionale. Ma il dialogo continua nelle Regioni. E c’è il nodo della leadership.

L’opposizione non riesce a essere unita soprattutto a livello nazionale. Ma il dialogo continua nelle Regioni. E c’è il nodo della leadership.

"Come no! Abbiamo già la lista del governo ombra", ironizza un parlamentare di provata fede Pd dalla prima ora. Per quanto la segretaria dem Elly Schlein vada ripetendo che "il governo è allo sbando", stigmatizzandone le divisioni soprattutto in campo internazionale, un’alternativa delle opposizioni di centrosinistra per il momento non è davvero alle viste, nonostante si sia ormai alla vigilia del giro di boa di legislatura. Il che, piuttosto, comincia a preoccupare chi vorrebbe provare a contendere l’ufficio di Palazzo Chigi dove Giorgia Meloni rimane ben acquartierata.

L’interpretazione prevalente è che la segretaria dem "mette giustamente in evidenza le difficoltà del governo, che sono reali, ma la seconda parte, quella che dovrebbe profilare perciò un’alternativa di governo per il momento è del tutto assente", come spiegano dal Senato. Semmai, anzi, la perimetrazione del campo largo è completamente deflagrata all’indomani della valutazione sul piano di riarmo europeo, in merito al quale lo stesso Pd si è diviso – tra 11 astensioni e 10 sì – in occasione del voto dell’Europarlamento. Mentre a Roma le opposizioni si sono presentate in ordine sparso. Azione e +Europa a favore. Avs e 5 Stelle contro. Il Pd unito su una mozione in cui la minoranza rivendica il "complessivo via libera" agli investimenti e la maggioranza enfatizza invece la richiesta di "radicale revisione". E Italia viva che ha blandito le critiche schleiniane all’insegna di un surplus di europeismo e della scelta di rientrare organicamente del centrosinistra con cui, dopo le ultime regionali, Matteo Renzi ha preso atto del carattere bipolare che caratterizza l’elettorato italiano forse dal 1948, astensione crescente a parte.

Il problema è che al momento il polo di centrosinistra manca all’appello. Regioni a parte, dove il dialogo continua. I rapporti tra Pd e M5s sono in stato avanzato in Campania e Marche, mentre l’intesa sarà più difficile nella Toscana di Renzi. Ma è a livello nazionale che la fatica di unire le opposizioni si presenta improba proprio a partire dal posizionamento internazionale. Per non dire del tema della leadership. Schlein era tornata in pole anche per molti riformisti, convinti che l’idea di "papa straniero" o un esponente più moderato, come Paolo Gentiloni, non sia competitiva con Meloni. Ma l’adulterio nei confronti di Bruxelles ha rinnovato i dubbi. Per non dire di Giuseppe Conte, che non demorde dall’idea di sentirsi il miglior competitor.

A volersi esercitare in ipotesi puramente speculative, gli scenari politici sono sostanzialmente due e constano tutte alle scelte della maggioranza e della premier. La più peregrina e insieme maliziosa è che si verifichi una rottura con la Lega su qualche passaggio in relazione all’Europa o eventuali missioni nel contesto ucraino. Ma né Meloni né Schlein saranno mai a favore di un governo di unità. E anche il vagheggiato soccorso "per il bene del Paese" a un governo Meloni bis o di Antonio Tajani da parte di una federazione centrista con anche pezzi di Pd pare fantapolitico. Lo stesso attivismo di Matteo Salvini, d’altronde, è considerato più che altro esibizionismo in vista del congresso da cui verrà reinvestito alla guida del Carroccio, dato che esiste una cospicua componente governativa e "governista" che lo sostiene senza assecondarlo in toto.

La seconda ipotesi è che Meloni "in autunno o il prossimo anno" decida di anticipare il voto per massimizzare il risultato, ma la premier ha sempre fatto un punto di onore di portare a termine la legislatura. Nel frattempo, semmai, quando il premierato venisse definitivamente posticipato, potrebbe profilarsi una riforma della legge elettorale in senso sempre più bipolarista che piace sia a Meloni che a Schlein.