Roma, 22 gennaio 2025 – Giorgia Meloni in pressing per convincere la ministra del Turismo, Daniela Santanchè, a dimettersi prima che la Corte di Cassazione, il prossimo 29 gennaio, decida se la sede di competenza del processo per truffa ai danni dello Stato, che la vede implicata (per l’uso della cassa integrazione Covid nonostante i suoi dipendenti di Visibilia continuassero a lavorare) debba essere celebrato a Roma o a Milano. Atterrata di buon’ora dopo aver presenziato al giuramento di Donald Trump, la premier ha visto ieri a pranzo il presidente del Senato, Ignazio La Russa, main sponsor di Santanchè e "colonna portante" di Fratelli d’Italia.
Sul tavolo il caso della ministra e le modalità della sua uscita dal governo (i tempi, secondo quanto riferiscono fonti di Palazzo Chigi, dovrebbero essere brevi) ma intanto si è saputo che la stessa Santanchè non prenderà parte a due eventi, quello insieme a Meloni del prossimo 27 gennaio a Gedda per l’attracco dell’Amerigo Vespucci e l’altro, la fiera internazionale del turismo di Madrid, che prenderà via oggi e durerà fino al 26 gennaio. Come sostituto di Santanchè al Turismo resta in pole, al momento, il deputato di Fratelli d’Italia Gianluca Caramanna, già suo consigliere politico al ministero.
Caso Santanchè, dunque, in via di risoluzione con le stesse modalità usate per Sangiuliano e per Fitto. Senza, cioè, ricorrere a un rimpasto che è visto come fumo negli occhi da Meloni, specie ora che le tensioni nella maggioranza si stanno affastellando di giorno in giorno, a partire dal terzo mandato ma, soprattutto, ieri sul ddl sicurezza.
La Lega ha premuto per ottenere un’accelerazione del testo, mettendo addirittura sul piatto la possibilità di procedere in solitaria qualora gli alleati non recepissero la necessità e l’urgenza di arrivare ad una conclusione a breve, dell’iter parlamentare. Pressing – anche questo – che si è manifestato ieri a Palazzo Chigi dove il sottosegretario Alfredo Mantovano ha convocato un vertice di maggioranza sul tema dopo la scelta di dividere questo intervento dall’eventuale riforma dell’iscrizione al registro degli indagati per gli agenti di pubblica sicurezza (includendo, molto probabilmente, anche altre categorie, come ha accennato il ministro della Giustizia Carlo Nordio). Al vertice hanno partecipato i ministri della Giustizia, degli Interni Matteo Piantedosi, dei rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, e oltre a loro il sottosegretario Nicola Molteni, e i presidenti delle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia del Senato, Alberto Balboni e Giulia Bongiorno, e il capogruppo di FI Maurizio Gasparri; l’indicazione che è uscita è stata quella di correre ancora di più nell’iter.
Visto che il testo del ddl sicurezza è ora in commissione al Senato, appunto, una possibilità potrebbe essere bloccare la discussione e andare in aula senza relatore. Decadrebbero tutti gli emendamenti, in particolare quelli dell’opposizione e sarebbe poi il governo a presentare le riformulazioni su alcuni punti. "Non sarà stravolto il testo" hanno fatto sapere dalla maggioranza, anche se l’indicazione è ancora quella di ascoltare le indicazioni del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, almeno su cinque punti (ma secondo indiscrezioni sarebbero sei), dal divieto di vendere agli immigrati irregolari le sim telefoniche, alla norma che consente di detenere in carcere le donne incinte o quelle che hanno figli di età inferiore ai dodici mesi. La priorità sembra però fissata: convocare al più presto una capigruppo per indicare una data fissa per portare subito il testo in Aula. Fonti del Carroccio hanno ribadito che pretendono sia approvato "in via prioritaria così com’è".