Mercoledì 11 Settembre 2024
IANNELLO
Politica

La vocazione di Forza Italia

di Claudio Martelli

SE LA SALUTE delle opposizioni misura il gradimento del Governo, Renzi può dormire sonni tranquilli. Mai le opposizioni sono apparse tanto divise da rivalità personali, ma anche da questioni che vanno persino al di là della sfida attuale sul Senato dei nominati proposto e imposto da Renzi. Nelle due ultime tornate elettorali il centrodestra è stato investito da due cicloni: nel 2013 il Movimento 5 Stelle di Grillo è diventato il primo partito mietendo consensi anche a destra. Poi Renzi, alle europee del 2014, ha sconfitto Grillo e diviso il centrodestra patteggiando con Berlusconi e Alfano. Matteo Salvini, obliterata l’indipendenza della Padania, si è convertito al nazionalismo antieuropeo e anti immigrati facendosi adottare dalla Le Pen e dai neo-fascisti italiani. Alfano e i suoi vorrebbero dimostrare di esistere presidiando il centro, ma il centro è già presidiato da Renzi. Resta Forza Italia, divenuta il cuore della crisi del centrodestra dopo essere stata la protagonista dei suoi successi. Forza Italia, cioè Berlusconi, cioè un leader capace di intrecciare e sommare voti e alleanze diverse in un’altalena di vittorie elettorali e di sconfitte politiche scandite da inchieste giudiziarie a dir poco accanite e da quelli che lui ha vissuto come i sabotaggi degli alleati.

 

DELLE PROPRIE colpe Berlusconi non ama parlare, ma senza cambiare musica gli sarà arduo discendere dalla montagna di errori su cui si è issato. Bisognerebbe, per cominciare, non commetterne di nuovi. L’errore peggiore sarebbe quello di brancolare espellendo qualcuno dei suoi per dedicarsi a rattoppare alleanze al momento incompatibili, come quella tra la Lega di Salvini e il Nuovo centrodestra di Alfano, o, peggio ancora, di assecondare un giorno Renzi l’altro Salvini.Per una volta Berlusconi potrebbe pensare e agire in modo politico puro, nell’esclusivo interesse della democrazia repubblicana, cioè di tutti gli italiani.

 

IL NOSTRO interesse è di avere una riforma del Senato che superi il bicameralismo perfetto, cioè il vigente sistema in cui Camera e Senato, dotati delle stesse funzioni, ripetono le stesse procedure legislative. Ciò detto abbiamo bisogno di una democrazia governante, non di un monopolio del potere come quello confezionato dalla riforma Renzi. Basta un po’ d’immaginazione. Si affidi alla Camera dei deputati l’intero potere legislativo e il voto di fiducia al governo; il Senato eletto su basi regionali sia promotore e protagonista permanente della nostra politica internazionale, delle commissioni d’inchiesta e co-titolare delle politiche costituzionali. Entrambe le Camere dimezzeranno il numero dei loro componenti eletti in collegi uninominali con sistema a doppio turno. Sarebbero così garantiti la fine del bicameralismo perfetto; la base democratica e l’autorevolezza dei nostri rappresentanti; la certezza di un vincitore proclamato il giorno del voto e la più aperta competizione, proporzionale al primo turno e maggioritaria al secondo.

 

ECCO in dodici righe una riforma del Senato e una legge elettorale coerenti molto più democratiche, semplici, ragionevoli, utili, efficaci del pasticcio renziano. Questo, del resto, era il punto d’incontro che lambirono insieme Bersani e Berlusconi, al tempo della coabitazione con Monti, salvo poi scommettere sull’incostituzionale Porcellum. Da lì si può ripartire. Il resto è silenzio. O emendamenti.

di Claudio Martelli